IL RAPPORTO STERN: L’Economia del cambiamento climatico
di Nicholas H. STERN
traduzione di Franca Bossalino

estratto da: The Economics of Climate Change: The Stern Review; Cambridge University Press, 2007

L’economia del cambiamento climatico è modellata dalla scienza. E’ questa che detta la struttura dell’analisi economica e delle politiche; pertanto, cominciamo dalla scienza.
Il cambiamento climatico indotto dall’uomo è causato dalle emissioni di biossido di carbonio (CO2) e altri gas serra (GHG) che si sono accumulati nell’atmosfera soprattutto negli ultimi 100 anni.
La prova scientifica che il cambiamento climatico sia un tema grave e urgente è adesso convincente.
C’è bisogno di un’azione forte che riduca le emissioni di gas serra in tutto il mondo per ridurre il rischio di impatti molto dannosi e potenzialmente irreversibili sugli ecosistemi, sulle società e sulle economie. Con delle buone politiche i costi dell’azione non sono proibitivi e saranno molto minori dei danni che si potranno evitare.
Per invertire la tendenza delle temperature globali ad aumentare è necessario un cambiamento immediato a livello mondiale verso un economia ‘low carbon’. Rimandare rende il problema molto più difficile e le azioni per affrontarlo molto costose. Gestire la transizione in modo efficace ed efficiente pone delle sfide economiche ma offre anche delle opportunità che questo rapporto intende esplorare.
L’economia ha molto da dire, sia proposito della valutazione e gestione dei rischi del cambiamento climatico e il modo in cui progettare la risposta nazionale e internazionale, sia a proposito della riduzione delle emissioni e dell’adattamento agli impatti che non possiamo più evitare. Se l’economia viene usata per progettare politiche efficaci dal punto di vista dei costi, allora, l’azione per affrontare il cambiamento climatico consentirà alle società di crescere molto più rapidamente nel lungo termine di quanto faccia il non agire; noi possiamo essere ‘verdi’ e crescere. Se non saremo ‘verdi’, alla fine costituiremo una minaccia per la crescita, comunque la si misuri.
Questo Rapporto adotta una prospettiva internazionale sull’economia del cambiamento climatico. Il cambiamento del clima è un problema globale che richiede una risposta globale. La scienza ci dice che le emissioni hanno gli stessi effetti ovunque. L’implicazione dell’economia è che questo è chiaramente e indubbiamente un problema di azione collettiva internazionale, con tutte le difficoltà connesse al costruire una azione coerente e all’evitare le iniziative indipendenti.
Il nostro approccio pone l’accento su un certo numero di temi-chiave.

Adottare un approccio costante verso l’incertezza. La scienza del cambiamento climatico è attendibile e la tendenza è chiara. Ma non sappiamo precisamente quando e dove accadranno particolari impatti. L’incertezza sugli impatti rafforza l’argomento della mitigazione: questo Rapporto riguarda l’economia della gestione di rischi molto grandi.

Concentrarsi su uno studio quantitativo del rischio, assistiti dai recenti avanzamenti della scienza che hanno cominciato ad assegnare delle probabilità alle relazioni tra le emissioni e i cambiamenti nel sistema climatico e a quelle tra il clima e l’ambiente naturale.

Adottare nella nostra analisi, un approccio sistematico al trattamento dell’equità inter-generazionale, sostenuta da una considerazione su che cosa le varie prospettive etiche implichino nel contesto del cambiamento climatico. [  ]

L’inazione adesso rischia di nuocere alle prospettive delle future generazioni in particolare, ai più poveri. Un’analisi economica  della politica coerente esige di essere espliciti sugli effetti.
Gli economisti descrivono il cambiamento climatico indotto dall’uomo come una ‘esternalità’ e il clima globale come un ‘bene comune’. Coloro che creano le emissioni di gas serra mentre generano l’elettricità, alimentano le loro fabbriche, fanno esplodere i gas, tagliano le foreste, volano con gli aerei, riscaldano le loro case o guidano le loro automobili, non debbono pagare i costi del cambiamento climatico che deriva dal loro contributo all’accumulazione di quei gas nell’atmosfera.
Ma il cambiamento climatico ha alcune caratteristiche che lo distinguono dalle altre esternalità. E’ globale nelle sue cause e nelle conseguenze; gli impatti del cambiamento climatico sono persistenti e si sviluppano nel lungo periodo; ci sono delle incertezze che impediscono la quantificazione precisa degli impatti economici; e c’è un serio rischio di cambiamenti maggiori e irreversibili con effetti economici non marginali.

Questa analisi ci ha portato a cinque gruppi di domande che costituiscono le parti da 2 a 6 del Rapporto. 

  • Qual’è la nostra conoscenza dei rischi dell’impatto del cambiamento climatico, dei loro costi e su chi ricadono?
  • Quali sono le opzioni per ridurre l’emissione dei gas serra e quanto costano? Che cosa significa questo per l’economia della scelta di percorsi di stabilizzazione nel mondo? Quali sono le opportunità economiche generate dall’azione per ridurre le emissioni e adottare nuove tecnologie?
  • Per la mitigazione del cambiamento climatico, quali strutture e politiche di incentivi saranno le più efficaci efficienti ed eque? Quali sono le implicazioni per la finanza pubblica?
  • Per l’adattamento, quali sono gli approcci adeguati e come dovrebbero essere finanziati? Come possono funzionare gli approcci alla mitigazione e all’adattamento a un livello internazionale?

Parte I
Il cambiamento climatico: il nostro approccio

Il clima è un bene pubblico: coloro che non sono in grado di pagare per  questo bene non possono essere esclusi dal godimento dei suoi benefici, e il godimento del clima da parte di una persona non riduce la capacità di goderne degli altri. I mercati non offrono automaticamente il genere e la  quantità giusti di beni pubblici, perché in assenza di politiche pubbliche ci sono limitati ritorni (se non nessuno) per i privati che volessero investire in beni quali l’energia, l’uso del suolo, l’innovazione, etc: in questo caso, i mercati dei beni e dei servizi non riflettono le conseguenze dei differenti consumi e delle scelte degli investimenti per il clima.
Perciò il cambiamento climatico è un esempio del fallimento del mercato che comprende le esternalità e i beni pubblici […]
La teoria fondamentale delle esternalità e dei beni pubblici è il punto di partenza delle analisi economiche sul cambiamento climatico e questo Rapporto non costituisce una eccezione… Ma le caratteristiche  specifiche di questa particolare esternalità richiedono, come vedremo, che le analisi economiche si spingano molto oltre.
La scienza del cambiamento climatico ci dice che questo è un genere di esternalità molto diverso da quelli comunemente analizzati. Il cambiamento climatico ha delle caratteristiche specifiche che tutte insieme pongono delle sfide particolari alla teoria economica standard delle esternalità.

Ci sono quattro temi distinti da considerare […].

  • Il cambiamento climatico è un’esternalità che è globale sia nelle cause che nelle conseguenze. L’impatto incrementale di una tonnellata di GHG sul cambiamento climatico è indipendente dal luogo in cui viene emessa (diversamente da altri impatti negativi come l’inquinamento dell’aria e i suoi costi per la salute pubblica), perché i GHG si diffondono nell’atmosfera e perché il cambiamento climatico locale dipende dal sistema climatico globale. Mentre paesi diversi producono volumi differenti, il danno marginale di una unità extra è lo stesso sia che provenga dal Regno Unito che dall’Australia.
  • Gli impatti del cambiamento climatico sono persistenti e si sviluppano nel tempo. Una volta nell’atmosfera, qualche gas serra ci resta per centinaia di anni. Inoltre il sistema climatico è lento a rispondere agli aumenti delle concentrazioni atmosferiche di GHG e ci sono ritardi ancora maggiori nella risposta ambientale, economica e sociale al cambiamento climatico.
  • Gli effetti dei gas serra si stanno facendo sentire adesso e continueranno nel lungo termine.
    Le incertezze sono notevoli, sia sulla dimensione potenziale, sul tipo e sulla tempistica degli impatti, che sui costi della lotta al cambiamento climatico, per cui la struttura usata deve essere capace di gestire il rischio e l’incertezza. E’ probabile che gli impatti  avranno un effetto significativo sull’economia globale, se non si agisce per prevenire il cambiamento climatico, per cui l’analisi deve considerare possibilmente i cambiamenti non-marginali delle società, non solo i piccoli cambiamenti sensibili all’apprezzamento di un progetto ordinario […]

Etica, benessere e politica economica

Le caratteristiche specifiche dell’esternalità costituita dal cambiamento climatico, pongono questioni difficili rispetto all’approccio standard dell’economia e del welfare alla politica.

[…] Gli effetti del cambiamento climatico sono globali, inter-temporali e fortemente iniqui. In generale, i paesi poveri, e i poveri di qualunque paese, soffrono di più, nonostante siano i paesi ricchi i responsabili dell’accumulo delle emissioni nel passato.

[…] L’etica fondante dell’economia del benessere, su cui si basa gran parte dell’analisi standard della politica pubblica, si concentra sulle conseguenze della politica del consumo di beni e di servizi da parte degli individui di una comunità. Questi beni e questi consumi sono generati dal lavoro, dal risparmio, dalla conoscenza e dalle risorse naturali. In questa prospettiva si considera che da questo consumo derivi il benessere degli individui.
In questo approccio, l’obiettivo è quello di  elaborare le politiche definite da un ‘decision-maker’ che agisce per conto della comunità e il cui ruolo è quello di migliorare, o ottimizzare, soprattutto il benessere generale. Questo dipende dal benessere di ciascun individuo della comunità stessa. Quando i beni e i servizi vengono definiti in modo ampio, possono includere, per esempio, l’educazione, la salute e i beni che emergono in momenti differenti e in differenti circostanze. Perciò la teoria comprende il tempo e l’incertezza, e, nella misura in cui gli individui valutano l’ambiente, anche questo fa parte dell’analisi. Molti beni o servizi, compresi l’educazione, la salute e l’ambiente, hanno un doppio ruolo: il loro apprezzamento diretto, da parte delle persone,  si trasforma in input per l’uso o l’acquisizione di altri beni di consumo. In gergo, sono sia obiettivi che strumenti.
La teoria economica standard si concentra sui flussi di beni e servizi nel tempo e sulla loro distribuzione. L’elenco dei beni e dei servizi dovrebbe includere il consumo (di solito di denaro o del suo equivalente), l’educazione, la salute e l’ambiente […]
La struttura etica dell’economia del benessere guarda principalmente solo alle conseguenze delle azioni (un approccio spesso descritto come ‘consequenzialismo’) e poi valuta le conseguenze in termini di impatti sull’utilità (un approccio descritto come 'welfarism'). In quest’ultimo non c’è spazio per le dimensioni etiche che riguardano i processi attraverso cui si raggiungono i risultati.
Alcune nozioni differenti di etica, comprese quelle basate sui concetti di diritti, giustizia e libertà, invece, considerano il processo. Altre, come la sostenibilità e la stewardship enfatizzano particolari aspetti delle conseguenze delle decisioni per gli altri e per il futuro.
Tuttavia, le conseguenze sulle quali la maggior parte di queste nozioni si concentrerebbero per ogni generazione, spesso hanno forti somiglianze: soprattutto, riguardo all’attenzione per il consumo, l’educazione, la salute e l’ambiente. E tutte le prospettive terrebbero conto della distribuzione dei risultati, all’interno e tra le generazioni, insieme ai rischi connessi alle differenti azioni, adesso e nel tempo.

[…] Storicamente i paesi ricchi hanno prodotto la maggior parte delle emissioni di gas serra.
Sebbene tutti i paesi siano colpiti dal cambiamento climatico, lo sono in modo diverso e in diversa misura. I paesi in via di sviluppo saranno colpiti duramente, per tre ragioni: la loro geografia, la loro dipendenza più forte dall’agricoltura, e perché avendo minori risorse sono più vulnerabili. C’è dunque una doppia inequità nel cambiamento climatico: i paesi ricchi hanno una responsabilità speciale per aver portato il mondo al  punto in cui siamo e per le conseguenze che scaturiranno da questo difficile punto di partenza, mentre i paesi poveri saranno particolarmente e gravemente colpiti.

Parte II
Gli impatti del cambiamento climatico sulla crescita e lo sviluppo.

In che modo il cambiamento climatico colpirà le popolazioni del mondo?

  • Il cambiamento climatico costituisce una minaccia per gli elementi fondamentali della vita delle popolazioni in tutto il mondo: acqua, cibo, salute e uso del suolo e ambiente.
    Con le tendenze attuali, le temperature medie globali potrebbero innalzarsi di 2-3 gradi C° nel corso dei prossimi 50 anni provocando molti impatti gravi, spesso mediati dall’acqua, con frequenti siccità e alluvioni.
  • Lo scioglimento dei ghiacciai aumenterà il rischio delle alluvioni durante la stagione umida e nella stagione secca, ridurrà notevolmente gli approvvigionamenti di acqua per 1/6 della popolazione mondiale, soprattutto nel sub- continente indiano, in parte della Cina, nelle Ande e nel Sud America.
  • La diminuzione dei raccolti, specialmente in Africa, priverà probabilmente centinaia di milioni di persone della capacità di produrre o acquistare cibo sufficiente- in particolare se l’effetto della fertilizzazione del carbonio sarà minore del previsto, come suggeriscono alcuni studi recenti.
  • L’acidificazione degli oceani, un risultato diretto dell’aumento dei livelli di biossido di carbonio, avrà gravi effetti sui sistemi marini, con possibili conseguenze negative sulla pesca.
  • L’aumento del livello dei mari, avrà come risultato che decine di centinaia di milioni di persone saranno colpite dall’alluvione con un aumento di temperature di 3 o 4 C°. Ci saranno seri rischi e crescenti pressioni per la protezione delle coste nel Sud Est asiatico (Bangladesh e Vietnam), nelle piccole isole dei Carabi e del Pacifico e nelle grandi città costiere come Tokyo, Shanghai, Hong Kong, Mumbai, Calcutta, Karachi, Buenos Aires, ST. Pietroburgo, New York, Miami e Londra.
  • Il cambiamento climatico farà crescere il numero di decessi per malnutrizione e stress da calore. Malattie come la malaria  potrebbero dilagare se non si mettono in atto misure di controllo efficaci. Alle latitudini più alte, i decessi causati dal  freddo, diminuiranno. Verso la metà del secolo, 200 milioni di persone si trasferiranno in modo permanente a causa dell’innalzamento del livello del mare, delle alluvioni sempre più pesanti e delle sempre più intense siccità.
  • Gli ecosistemi saranno particolarmente vulnerabili, e uno studio ha stimato che dal 15 al 40% delle specie si estingueranno con un aumento di temperatura di 2 C°. Una forte siccità sull’Amazzonia, secondo le previsioni di alcuni modelli climatici, avrà come conseguenza  la  morte della foresta più ricca di biodiversità del pianeta.

Le conseguenze del cambiamento climatico diventeranno sproporzionatamente più dannose con l’aumentare del riscaldamento. Le alte temperature aumenteranno la probabilità che si scatenino cambiamenti di grande scala che a loro volta sconvolgeranno intere regioni, provocando migrazioni e conflitti.

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Il Rapporto sull’Economia del Cambiamento Climatico, pubblicato il 30 ottobre, ha generato un sostanziale interesse e un dibattito. Abbiamo avuto l’opportunità di presentarlo a un vasto pubblico compresi gli economisti, gli scienziati, i manager manager e la comunità internazionale inclusi i partecipanti alla Conferenza di Nairobi, all’UNFCCC e ai politici della Commissione Europea e della Unione Africana.[…]

Due conclusioni chiave che derivano dalla nostra analisi della scienza e dell’economia del cambiamento climatico offrono un fondamento importante alla questione dell’urgenza di agire.
Innanzi tutto, in uno scenario del ‘business-as-usual’ la quantità di gas serra -entro la fine del secolo- secondo l’IPCC potrebbe triplicarsi (850 ppm) rispetto ai livelli pre-industriali, mentre altri suggeriscono che questo livello potrebbe quadruplicarsi.
La conoscenza scientifica attuale suggerisce che nel primo caso ci sarebbe almeno il 50% di rischio che le temperature, nei decenni che seguiranno, superino i 5C° rispetto ai livelli pre-industriali.
Nella Parte II del Rapporto abbiamo messo insieme tutto ciò che si può dire sugli impatti alle alte temperature, basandoci sullo stato attuale della scienza. Questa analisi ci ha portato alla seconda conclusione generale e cioè che gli impatti del cambiamento climatico nelle sue molteplici dimensioni probabilmente saranno ‘convessi’, con danni marginali che aumentano fortemente all’aumentare delle temperature. La maggior parte delle analisi sugli impatti si concentra su livelli di riscaldamento attorno ai 2-3C° sopra quelli pre-industriali. Si sa poco sul modo in cui l’ambiente e la società umana risponderebbero ad aumenti maggiori della temperatura. Un aumento di 5C° alla scala globale sarà molto al di fuori dell’esperienza della civiltà umana e trasformerà i luoghi in cui viviamo e i nostri modi di vivere. Le analisi presentate nei capitoli 3-5, dimostrano i grandi pericoli che derivano dal consentire alle temperature di aumentare, in termini di ambiente, salute, crescita economica e sviluppo. Il capitolo 3 dimostra che molti degli impatti climatici aumentano fortemente al crescere delle temperature.
E ancora, l’attuale conoscenza suggerisce che ad alti livelli di temperatura, il rischio di cambiamenti più grandi e irreversibili del clima, degli ecosistemi e della società sono veramente reali.
Questi comprendono cambiamenti fisici quali un collasso delle correnti oceaniche e anche il rischio di maggiori cambiamenti sociali, come le migrazioni di massa e l’instabilità politica.
Mettendo tutti gli impatti insieme si ha un quadro degli impatti che aumentano con le temperature insieme ai danni causati da ogni aumento marginale. E’ probabile che le alte temperature generino un ambiente ostile ed estremo per le attività umane in molte parti del mondo. E’ la scala di questi rischi e una valutazione della gravità delle disastrose conseguenze a richiedere un’azione forte e immediata per stabilizzare le emissioni al di sotto delle 550pm di CO2. Si deve considerare che i rischi possono essere sostanzialmente ridotti con una spesa di circa l’1% del GDP all’anno, senza dimenticare che i costi della stabilizzazione ad ogni livello, aumenterebbero rapidamente qualora non si agisse.



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