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            LA PIU’ 
              GRANDE DELLE RISORSE: L’EDUCAZIONE 
              di E.F. SCHUMACHER 
              traduzione di Franca Bossalino 
            In tutta la storia e virtualmente in ogni parte 
              della terra gli uomini hanno vissuto moltiplicandosi e creando alcune 
              forme di cultura. Sempre e dovunque hanno trovato i mezzi di sussistenza 
              e qualcosa da conservare. Si sono costruite le civiltà, che 
              si sono prima sviluppate e- in molti casi- sono decadute e si sono 
              estinte. 
              Non è questo il luogo per discutere sul perché si 
              siano estinte; ma possiamo dire che deve essere venuta meno qualche 
              risorsa; dal momento però che, in molti casi, sulla stessa 
              terra sono nate nuove civiltà, ciò sarebbe assolutamente 
              incomprensibile se si fosse trattato semplicemente di risorse materiali. 
              Come avrebbero potuto tali risorse rigenerarsi? 
              Tutta la storia, come pure tutta l’esperienza presente, ci 
              dice che la risorsa principale non è la natura, ma l’uomo 
              e che l’elemento chiave di tutto lo sviluppo economico nasce 
              dalla mente dell’uomo. Improvvisamente, c’è un’esplosione 
              di audacia, di iniziativa, di invenzione, di attività costruttiva, 
              non in uno solo ma- simultaneamente- in molti campi. Nessuno può 
              dire da dove scaturisca, ma possiamo vedere come permane e come 
              si rafforza attraverso una varietà di scuole; in altre parole, 
              attraverso l’educazione. Perciò, molto concretamente, 
              possiamo dire che l’educazione é la più vitale 
              delle risorse. 
              Se la società occidentale è in uno stato di crisi 
              permanente non è inverosimile suggerire che qualcosa non 
              va nella sua educazione. Nessuna civiltà, sono sicuro, ha 
              mai dedicato più energie e risorse all’educazione organizzata 
              e, se non crediamo in niente altro, certamente crediamo che l’educazione 
              è - o dovrebbe essere- la chiave per qualunque cosa... ...Se 
              l’era nucleare e’ portatrice di nuovi pericoli; se il 
              progresso dell’ingegneria genetica apre le porte a nuovi abusi; 
              se il commercialismo fornisce nuove tentazioni- la risposta deve 
              essere una maggiore e migliore educazione. Il modo di vivere moderno 
              sta diventando sempre più complesso: ciò significa 
              che tutti debbono avere un’educazione più elevata. 
              Recentemente si è detto : <... 
              si auspica che nel 1984 il più comune degli uomini non avrà 
              alcun imbarazzo nell’usare la tavola dei logaritmi, i concetti 
              elementari del calcolo e nel definire ed usare parole come elettrone, 
              coulomb, e volt. E che, inoltre, sarà diventato capace non 
              solo di maneggiare una penna, una matita e un righello ma anche 
              un nastro magnetico, una valvola e un transistor. Il progresso della 
              comunicazione tra gli uomini dipende da questo> 
              Sembra, soprattutto, che la situazione internazionale richieda dei 
              prodigiosi sforzi educativi. Una dichiarazione importante su questo 
              punto fu rilasciata qualche anno fa da Sir Charles Snow (ora divenuto 
              Lord) nella sua Conferenza di Rede: <Dire 
              che dobbiamo educarci o perire e’ un po’ più 
              melodrammatico di quanto i fatti giustifichino. Dire che dobbiamo 
              educarci o nel corso della nostra vita assisteremo a un rapido declino 
              e’ quasi giusto.> 
              Secondo Lord Snow, i Russi apparentemente stanno facendo meglio 
              di qualunque altro popolo e “avranno un netto vantaggio “a 
              meno che- e fino a che- gli americani e noi stessi non educheremo 
              la nostra sensibilità e la nostra immaginazione. 
              Si ricorderà che Lord Snow parlò delle “Due 
              Culture e la Rivoluzione Scientifica” esprimendo la sua preoccupazione: 
               <... la vita intellettuale dell’intera 
              società occidentale si sta separando sempre più in 
              due polarità......Da una parte abbiamo gli intellettuali 
              letterati...dall’altra gli scienziati.> La scienza 
              e l’ingegneria producono know-how; ma il know-how in sé 
              non è niente. 
              E’ un mezzo senza un fine, una pura potenzialità, una 
              frase non finita. Il know-how è cultura quanto un pianoforte 
              è musica. Può l’educazione aiutarci a finire 
              la frase, a trasformare la potenzialità in realtà, 
              a beneficio dell’uomo? 
              Per fare ciò il compito dell’educazione sarebbe, innanzi 
              tutto e sopratutto, la trasmissione di idee di valore, idee su che 
              cosa fare con le nostre vite. Non c’e alcun dubbio sulla necessità 
              di trasmettere know-how ma questo deve essere al secondo posto, 
              perchè è, ovviamente, alquanto azzardato mettere un 
              grande potere nelle mani delle persone senza avere la certezza che 
              queste abbiano un’ idea ragionevole sul come e a quale scopo 
              usarlo. Attualmente non si può metter in dubbio che l’intera 
              umanità sia in pericolo, non perchè ci manchi il know-how 
              scientifico e tecnologico, ma perchè tendiamo a usarlo per 
              distruggere, senza saggezza. 
              Più educazione può aiutarci soltanto se produce più 
              saggezza. L’essenza dell’educazione, a mio parere, è 
              la trasmissione dei valori, ma i valori non ci aiutano a scegliere 
              la strada nel corso della vita, a meno che non siano diventati nostri: 
              una parte, come si dice, del nostro make-up. Ciò significa 
              che i valori sono più che semplici formule o asserzioni dogmatiche: 
              che noi pensiamo e sentiamo con quelli, che sono proprio gli strumenti 
              attraverso i quali noi guardiamo, interpretiamo il mondo e ne facciamo 
              esperienza. Quando noi pensiamo, non pensiamo soltanto: pensiamo 
              con le idee. La nostra mente non e’ una vuota tabula rasa. 
              Quando cominciamo a pensare possiamo farlo solo perchè la 
              nostra mente è già piena di ogni genere di idee con 
              cui pensare. 
              Durante la gioventù e l’adolescenza, prima che la mente 
              cosciente e critica cominci ad agire come una specie di censore 
              e guardiano della soglia, una moltitudine di idee si infiltra nella 
              nostra mente. Questi anni si potrebbe dire che sono gli anni bui 
              durante i quali riceviamo semplicemente un’eredità; 
              è solo negli anni successivi che gradualmente impariamo a 
              selezionare la nostra eredità. Innanzitutto c’e’ 
              il linguaggio. Ogni parola e’ un’idea. Se il linguaggio 
              che penetra dentro di noi durante gli anni bui è l’inglese, 
              la nostra mente viene attrezzata da un insieme di idee che è 
              notevolmente differente da quello rappresentato dal cinese, dal 
              russo, dal tedesco o perfino dall’americano. Accanto alle 
              parole ci sono le regole del metterle insieme: la grammatica, un 
              altro pacchetto di idee il cui studio ha affascinato alcuni filosofi 
              moderni a tal punto che hanno pensato di poter ridurre l’intera 
              filosofia allo studio della grammatica. 
              Tutti i filosofi- e non solo - hanno sempre posto moltissima attenzione 
              alle idee viste come il risultato del pensiero e dell’osservazione; 
              nei tempi moderni invece troppo poca attenzione si è data 
              allo studio delle idee che costituiscono proprio quegli strumenti 
              per mezzo dei quali pensiero e osservazione procedono. Sulla base 
              dell’esperienza e del pensiero consapevole le piccole idee 
              possono venire rimosse, ma quando si tratta di idee più grandi, 
              universali, o più sottili, può non essere tanto facile 
              cambiarle. Infatti, è spesso difficile prenderne coscienza, 
              dal momento che sono strumenti e non il risultato del nostro pensiero- 
              allo stesso modo in cui riusciamo a vedere quello che e’ fuori 
              di noi ma non riusciamo facilmente a vedere quello con cui vediamo, 
              cioè l’occhio stesso. 
              E anche quando se ne fosse presa coscienza è spesso impossibile 
              giudicarle sulla base dell’esperienza comune. Spesso notiamo 
              l’esistenza di idee più o meno fisse nella mente degli 
              altri- idee con cui pensano senza rendersi conto di farlo. 
              Le chiamiamo pregiudizi, che è logicamente corretto perchè sono 
              semplicemente entrate nella mente e non sono in alcun modo il risultato 
              di un giudizio. Ma la parola pregiudizio è in generale applicata 
              a idee che sono palesemente erronee e riconoscibili come tali da 
              chiunque, tranne che da chi le ha. Molte delle idee con cui pensiamo 
              non sono affatto di quel genere. Ad alcune di esse non possono nemmeno 
              applicarsi le nozioni di verità o di errore, come quelle 
              incorporate nelle parole e nella grammatica; altre non sono propriamente 
              pregiudizi, ma il risultato di un giudizio; altre ancora sono tacite 
              assunzioni o presupposizioni che può essere molto difficile 
              riconoscere. 
              Perciò dico che noi pensiamo con o attraverso idee e che 
              quello che più in generale chiamiamo il pensare è 
              l’applicazione di idee che pre-esistono a una determinata 
              situazione o a un insieme di fatti. Quando pensiamo, per esempio, 
              alla situazione politica, applichiamo a quella situazione le nostre 
              idee politiche, più o meno sistematicamente e tentiamo di 
              rendere quella situazione intelleggibile a noi stessi attraverso 
              quelle idee. Similmente in qualunque altro caso. Alcune idee sono 
              idee di valore, cioè a dire, noi valutiamo la situazione 
              alla luce delle nostre idee-valori. 
              Il modo in cui facciamo esperienza e interpretiamo il mondo, ovviamente, 
              dipende molto dal genere di idee che ci riempiono la mente. Se sono 
              prevalentemente modeste, deboli, superficiali e incoerenti, la vita 
              apparirà insipida, non interessante, banale e caotica. E’ 
              difficile sopportare il sentimento di vuoto che ne deriva e il vuoto 
              della nostra mente può soltanto essere riempito da qualche 
              grande e fantastico concetto- politico o altro- che improvvisamente 
              sembra illuminare ogni cosa e dare significato e scopo alla nostra 
              esistenza. Non c’è bisogno di sottolineare che proprio 
              in ciò sta il grande pericolo del nostro tempo. 
              Quando si chiede ‘educazione’, si intende qualcosa di 
              più che la semplice istruzione, qualcosa di più che 
              la semplice conoscenza dei fatti. Forse non si sa nemmeno che cosa 
              si sta cercando; io credo che quello che si cerca davvero sono idee 
              che rendano il mondo e la vita di ciascuno più comprensibili 
              a noi stessi. Quando una cosa è comprensibile si sente di 
              partecipare; quando una cosa non lo è ci si sente estranei. 
              Se la mente non può affrontare il mondo con una serie- o, 
              dovremmo dire, con una attrezzatura di idee potenti, il mondo deve 
              apparirle un caos, una massa di fenomeni scollegati, di eventi privi 
              di senso. In questo caso l’ uomo è una persona in una 
              terra straniera priva di qualunque segno di civilizzazione, senza 
              mappe o cartelli stradali o indicazioni di alcun genere. Niente 
              ha significato per lui, niente può catturare il suo interesse 
              vitale; non ha alcun mezzo per rendere alcunché comprensibile 
              a se stesso. Tutta la filosofia tradizionale è un tentativo 
              di creare un sistema ordinato di idee per mezzo delle quali vivere 
              e interpretare il mondo. L’estraneamento alimenta la solitudine 
              e la disperazione, l’incontro con il niente, il cinismo, i 
              vuoti gesti di sconfitta, come possiamo vedere nella maggior parte 
              della filosofia esistenzialista e nella letteratura oggi. 
              Allora, qual’è la causa dell’estraneamento? La 
              scienza non è mai stata più trionfante, il potere 
              dell’uomo sul suo ambiente non è mai stato più 
              completo né il suo progresso più veloce. Non può 
              essere una mancanza di know-how la causa della disperazione, non 
              solo di pensatori religiosi come Kirkegaard, ma anche di illustri 
              matematici e scienziati come Russell e Hoyle. 
              Noi sappiamo fare molte cose, ma sappiamo che cosa fare? 
              Ortega y Casset pone la questione in modo succinto: <Non 
              possiamo vivere al livello umano, senza idee. Da queste dipende 
              quello che facciamo. Vivere è, né più e né 
              meno che il fare una cosa invece di un’altra>. Che 
              cos’è allora l’educazione? E’ la trasmissione 
              di idee che mettono in grado l’uomo di scegliere una cosa 
              o un’altra, o, per citare ancora Ortega, <di vivere una vita che sia qualcosa al di sopra della tragedia senza 
              senso o del castigo interiore> 
              Come potrebbe, ad esempio, una conoscenza della Seconda Legge della 
              Termodinamica aiutarci in questo? Lord Snow ci dice che alle persone 
              colte che deplorano l’analfabetismo degli scienziati a volte 
              domanda: <Quanti di voi potrebbero descrivere la Seconda Legge 
              della Termodinamica?> La risposta, dice, è, in genere, 
              fredda e negativa. <Eppure> 
              seguita <ho chiesto qualcosa che riguarda 
              l’equivalente scientifico di ‘Avete letto un’opera 
              di Shakespeare?’> Tale affermazione sfida le fondamenta 
              della nostra civiltà. Quello che conta è l’attrezzatura 
              di idee con le quali, per mezzo delle quali, attraverso le quali, 
              facciamo esperienza del mondo e lo interpretiamo. La Seconda legge 
              della Termodinamica non è niente più che un’ipotesi 
              operativa adatta a vari generi di ricerca scientifica. Dall’altra 
              parte c’è un’opera di Shakespeare: traboccante 
              delle idee più vitali sullo sviluppo interiore dell’uomo, 
              mostra la grandezza e la miseria dell’esistenza umana. Come 
              potrebbero queste due cose essere equivalenti? 
              Che cosa manca a me, in quanto essere umano, se non ho mai sentito 
              parlare della seconda legge della Termodinamica? La risposta è: 
              niente. E che cosa perdo se non conosco Shakespeare? A meno che 
              io non derivi la mia capacità di comprendere da un’altra 
              fonte, la risposta è: perdo semplicemente la mia vita. Dovremmo 
              raccontare ai nostri bambini che una vale l’altra- un po’ 
              di conoscenza della fisica qui e li un po’ di conoscenza di 
              letteratura? 
              Se faremo così le colpe dei padri ricadranno sui figli fino 
              alla terza e alla quarta generazione, poiché questo è 
              il tempo che ci vuole- di solito- dalla nascita di un’idea 
              alla sua piena maturità, quando riempie le menti di una nuova 
              generazione e fa si che quelle pensino per mezzo di essa. La scienza 
              non può produrre idee per mezzo delle quali possiamo vivere. 
              Perfino le grandi idee della scienza non sono che ipotesi operative, 
              utili agli scopi di ricerche speciali, ma completamente inapplicabili 
              per condurre la nostra vita o per interpretare il mondo. 
              Pertanto, se un uomo cerca l’educazione perchè si sente 
              estraniato e stupito, perchè la sua vita gli sembra vuota 
              e insignificante, non può trovare quello che cerca studiando 
              le scienze naturali, o acquisendo know-how . Questo studio ha il 
              suo proprio valore che non sono incline a sminuire, ci dice come 
              le cose funzionano in natura o nell’ingegneria, ma non ci 
              dice niente sul significato della vita e non può in alcun 
              modo curare lo estraneamento e la segreta disperazione. 
              Dove, allora, dovrà rivolgersi? Forse, a dispetto di tutto 
              ciò che sentiamo dire sulla rivoluzione scientifica e sul 
              fatto che la nostra è l’età della scienza, si 
              rivolgerà alle cosiddette discipline umanistiche. Qui, infatti, 
              possiamo trovare, se siamo fortunati, idee grandi e vitali con cui 
              riempire la nostra mente, idee con le quali pensare e attraverso 
              le quali costruire il mondo e la società e rendere la nostra 
              stessa vita intelleggibile. Vediamo quali sono le principali idee 
              che probabilmente troveremmo oggi. Non proverò a farne una 
              lista completa; mi limiterò ad enumerare sei idee guida, 
              tutte germogliate nel XIX secolo e che ancora oggi dominano, per 
              quello che posso vedere, le menti delle persone educate. 
            1. C’è un’idea 
              di evoluzione per cui le forme superiori si sviluppano continuamente 
              dalle forme inferiori secondo una specie di processo naturale e 
              automatico. Gli ultimi cento anni hanno visto la sistematica applicazione 
              di questa idea a tutti gli aspetti della realtà senza eccezioni. 
               
              2. C’è l’idea della competizione, 
              della selezione naturale e della sopravvivenza delle specie più 
              adattabili, il che significa spiegare il processo naturale e automatico 
              dell’evoluzione e dello sviluppo. 
               
              3. C’è l’idea che tutte le più 
              alte manifestazioni della vita umana, come la religione, la filosofia, 
              l’arte etc.- quelle che Marx chiama le fantasmagorie del cervello 
              umano- non siano altro che necessari integratori del processo materiale 
              della vita, una sovrastruttura eretta per mascherare e promuovere 
              gli interessi economici, poiché l’intera storia umana 
              è la storia delle lotte di classe. 
               
              4. In competizione- si potrebbe pensare- con l’interpretazione 
              marxista delle manifestazioni più alte della vita umana, 
              c’è l’interpretazione freudiana che le riduce 
              agli oscuri rimescolamenti del subconscio e le spiega semplicemente 
              come il risultato dei desideri incestuosi non realizzati durante 
              la fanciullezza e la prima adolescenza. 
               
              5. C’è l’idea generale del relativismo, 
              che nega tutti gli assoluti, dissolve tutte le norme e gli standard 
              , porta a minacciare profondamente l’idea di verità 
              nel pragmatismo e influisce anche sulla matematica che è 
              stata definita da Bertrand Russel come <l’argomento nei 
              confronti del quale non sappiamo mai di che cosa stiamo parlando 
              o se quello che diciamo è vero> 
               
              6. Infine c’e’ l’idea trionfante 
              del positivismo, quella valida conoscenza che si può ottenere 
              solo attraverso il metodo delle scienze naturali e per cui nessuna 
              conoscenza è genuina a meno che non si basi su fatti generalmente 
              osservabili. Il positivismo, in altre parole è interessato 
              unicamente al know-how e nega la possibilità della conoscenza 
              oggettiva dei significati e delle intenzioni di qualunque genere 
              essi siano. 
            Nessuno, credo, sarà disposto a negare la 
              portata e il potere di queste sei grandi idee. Queste non sono il 
              risultato di un angusto empirismo. Nessuna di esse potrebbe essere 
              stata verificata dalle ripetute indagini dei fatti. Queste idee 
              rappresentano dei formidabili balzi dell’immaginazione nell’ignoto 
              e nel non conoscibile. Naturalmente il balzo e’ fatto da una 
              piccola piattaforma di fatti osservabili. 
              Queste idee non avrebbero potuto alloggiare tanto stabilmente nelle 
              menti degli uomini, se non avessero contenuto importanti elementi 
              di verità . Ma la loro caratteristica essenziale è 
              la pretesa di universalità. L’evoluzione trascina ogni 
              cosa lungo il suo cammino, non solo i fenomeni materiali, dalle 
              nebulose all’homo sapiens, ma anche i fenomeni mentali, come 
              la religione e il linguaggio. Competizione, selezione naturale, 
              e la sopravvivenza del più adattabile, non sono presentate 
              come una serie di osservazioni tra le altre ma come leggi universali. 
              Marx non dice che alcune parti della storia sono storia delle lotte 
              di classe; no, il materialismo scientifico, non molto scientificamente, 
              estende questa parziale osservazione a nient’altro che alla 
              <totalità della storia delle società fin qui esistite> 
               
              E, ancora, Freud non si accontenta di riportare un certo numero 
              di osservazioni cliniche ma fornisce una teoria universale della 
              motivazione umana, asserendo, per esempio, che tutta la religione 
              non e’ altro che una neurosi ossessiva. Relativismo e positivismo, 
              naturalmente, sono dottrine puramente metafisiche, con una distinzione 
              peculiare e ironica che è quella di negare la validità 
              di tutta la metafisica, se stesse comprese. 
              Che cosa hanno in comune le sei grandi idee, oltre alla loro natura 
              non empirica ma metafisica?Tutte affermano che ciò che prima 
              era stato considerato come qualcosa di ordine superiore è 
              in realtà niente altro che una manifestazione più 
              sottile dell’inferiore- a meno che, in verità, proprio 
              la distinzione tra superiore e inferiore non venga negata. Perciò 
              l’uomo, come il resto dell’universo, non è veramente 
              altro che una disposizione accidentale di atomi. 
              La differenza tra l’uomo e la pietra è poco più 
              che un’apparenza ingannevole. Le più alte affermazioni 
              culturali dell’uomo non sono altro che ingordigia economica 
              mascherata o il defluire delle frustrazioni sessuali. In ogni caso, 
              è inutile dire che l’uomo dovrebbe tendere al superiore 
              piuttosto che all’inferiore, perchè nessun significato 
              intellegibile può essere riferito a nozioni puramente soggettive 
              quali quelle di superiore e inferiore, mentre la parola ‘dovrebbe’ 
              è segno di megalomania autoritaria. 
              Le idee dei padri del XIX secolo sono ricadute sulla terza e quarta 
              generazione che sono vissute nella seconda metà del XX secolo. 
              Per i padri, queste idee erano il risultato dei loro processi intellettuali. 
              Nella terza e quarta generazione, sono diventate strumenti attraverso 
              i quali si è percepito ed interpretato il mondo. Coloro che 
              producono le idee raramente sono governati da esse. Ma le loro idee 
              acquistano potere sulle vite umane nella terza e quarta generazione, 
              quando sono divenute parte di una grande quantità di idee, 
              compreso il linguaggio, che vengono assorbite dalla mente dell’individuo 
              durante i suoi anni bui 
              Queste idee del XIX secolo alloggiano stabilmente nella mente di 
              quasi tutti gli occidentali, ancora oggi, siano o no educati. Nelle 
              menti non educate sono ancora piuttosto farraginose e nebulose, 
              troppo deboli per rendere intellegibile il mondo. Da qui nasce il 
              desiderio di educazione, per cosi dire, di qualcosa che ci conduca 
              fuori dalla foresta oscura della nostra farraginosa ignoranza verso 
              la luce della comprensione. Ho detto che un’educazione puramente 
              scientifica non ci può aiutare in questo perchè ha 
              a che fare soltanto con idee di know-how, mentre noi abbiamo bisogno 
              di capire perchè le cose sono come sono e che cosa dobbiamo 
              fare con le nostre vite. Quello che impariamo, studiando una particolare 
              scienza, è, in ogni caso, troppo specifico e specialistico 
              per i nostri scopi più ampi. Perciò ci rivolgiamo 
              alle discipline umanistiche per avere una visione chiara delle grandi 
              e vitali idee della nostra epoca. E perfino nelle discipline umanistiche 
              potremmo restare impantanati in una massa di erudizioni specialistiche 
              che ci riempiono la mente di una quantità di piccole idee 
              altrettanto inappropriate come quelle che potremmo trovare nelle 
              scienze naturali. 
              Ma potremmo anche essere più fortunati (se di fortuna si 
              tratta) e trovare un maestro che ci “illuminerà la 
              mente” e renderà chiare le idee- quelle grandi e universali 
              idee che già esistono– e in tal modo ci renderà 
              il mondo intelligibile.  
              Un tale processo meriterebbe davvero di essere chiamato “educazione”. 
              E che cosa otterremmo oggi? Una visione del mondo come una terra 
              desolata in cui non c’è né significato né 
              scopo, in cui la consapevolezza umana è uno sfortunato accidente 
              cosmico, in cui angoscia e disperazione sono le uniche ultime realtà. 
              Se attraverso una vera educazione l’uomo riuscisse a scalare 
              quelle che Ortega chiama ”le cime dei nostri tempi” 
              si troverebbe in un nulla abissale. Potrebbe udire l’eco di 
              Byron: 
              <Dolore è conoscenza; coloro che 
              più sanno 
              Più intensamente debbono piangere sulla fatale verità 
              L’Albero della Conoscenza non e’ quello della Vita>. 
              In altre parole, perfino una educazione umanistica,elevandoci all’altezza 
              delle idee dei nostri tempi, non porterebbe niente di buono, perchè 
              quello che gli uomini sono assolutamente legittimati a chiedere 
              è una vita più ricca e non il dolore. 
              Che cosa e’ successo? Come e’stato possibile ? 
              Le idee guida del XIX secolo che pretendevano di abbandonare la 
              metafisica, erano esse stesse un genere di metafisica cattivo, pericoloso 
              e distruttivo. 
              Noi ne stiamo ancora soffrendo come di una malattia mortale. 
              Non e’ vero che la conoscenza e’ dolore. Ma errori velenosi 
              portano dolore illimitato nella terza e nella quarta generazione. 
              Gli errori non sono nella scienza ma nella filosofia proposta in 
              nome della scienza Come Etienne Gilson sostenne più di vent’anni 
              fa: 
              <Un simile sviluppo non era in alcun modo inevitabile, ma la 
              progressiva crescita della scienza lo rese sempre più probabile. 
              L’interesse crescente degli uomini per i risultati pratici 
              della scienza era in sé naturale e legittimo, ma li ha aiutati 
              a dimenticare che la scienza è conoscenza e i risultati pratici 
              niente altro che i suoi risultati....Prima del loro inaspettato 
              successo nel trovare le spiegazioni conclusive del mondo materiale, 
              gli uomini hanno cominciato a disprezzare tutte le discipline in 
              cui tali dimostrazioni non potevano essere trovate, o a ricostruire 
              quelle discipline secondo i modelli delle scienze fisiche. Di conseguenza, 
              la metafisica e l’etica dovevano essere o ignorate o, almeno, 
              sostituite dalle nuove scienze positive; in tutti e due i casi, 
              sarebbero state eliminate. Una mossa veramente rischiosa, che e’ 
              responsabile della posizione pericolosa in cui la cultura occidentale 
              si trova adesso.” 
              Non e’ nemmeno vero che la metafisica e l’etica sarebbero 
              state eliminate. Al contrario, tutto quello che abbiamo ottenuto 
              è una cattiva metafisica e un’etica che sgomenta.Egli 
              deplorava “l’abisso di incomprensione reciproca” 
              tra i due gruppi e voleva che fosse colmato. E’ perfettamente 
              chiaro come pensava che questa operazione dovesse essere fatta; 
              l’obiettivo della sua politica educativa avrebbe, innanzi 
              tutto, formato <quanti più scienziati 
              possibile>; avrebbe <addestrato strati più ampi di 
              professionisti> a fare ricerca di base, design di alto 
              livello e sviluppo; terzo, avrebbe preparato <migliaia 
              e migliaia di altri scienziati ed ingegneri>; infine, avrebbe 
              educato <politici, amministratori, un’intera comunità 
              a una conoscenza della scienza sufficiente per avere un senso di 
              quello di cui gli scienziati parlano> 
              Se questo quarto ed ultimo gruppo può essere educato almeno 
              ad “avere il senso” di ciò di cui la gente comune, 
              gli scienziati e gli ingegneri parlano - così sembra suggerire 
              Lord Snow- l’abisso di reciproca incomprensione tra Le Due 
              Culture può essere colmato. 
              Queste idee sull’ educazione che rappresentano molto bene 
              il nostro tempo, ci lasciano con la sgradevole sensazione che l’uomo 
              comune, i politici, gli amministratori e così via- non siano 
              di molta utilità; che non abbiano raggiunto la meta: ma, 
              almeno, dovrebbero avere un senso di quello che sta succedendo e 
              sapere che cosa vogliono dire gli scienziati quando parlano- per 
              citare l’esempio di Lord Snow- della Seconda legge della Termodinamica. 
              E’ una sensazione sgradevole, perchè gli scienziati 
              non si stancano mai di dirci che i frutti del loro lavoro sono ”neutrali”: 
              che arricchiscano l’umanità o la distruggano, dipende 
              dall’uso che se ne fa. Chi è che decide come usarli? 
              Non c’è niente nella formazione di scienziati e ingegneri 
              che li metta in grado di prendere una tale decisione, altrimenti, 
              che ne è della neutralità della scienza? 
              Se tanta importanza viene oggi data al potere dell’educazione 
              al fine di rendere capace la gente comune di affrontare i problemi 
              creati dal progresso scientifico e tecnologico, ci deve essere allora 
              qualcosa di più nell’educazione di quanto suggerisce 
              Lord Snow. 
              Sentiamo la gente dire: “ma, non lo so”, una protesta 
              impotente contro la non intelleggibilità del mondo così 
              come lo incontriamo. <La filosofia, come 
              i Greci la concepivano> scrive il prof.Kuhn <È 
              uno sforzo della mente umana di interpretare un sistema di segni 
              e in tal modo relazionare l’uomo al mondo come ordine comprensibile 
              al cui interno gli è assegnato un posto.> La cultura 
              classica cristiana del tardo Medio Evo aveva fornito all’uomo 
              una interpretazione dei segni completa e sorprendentemente coerente, 
              un sistema di idee vitali che davano un’immagine dettagliata 
              dell’uomo, dell’universo, e del posto dell’uomo 
              nell’universo. 
              Questo sistema, comunque, è stato demolito e ridotto in frantumi 
              e il risultato è stato lo stupore e l’estraneamento, 
              mai posto in modo più drammatico di come ha fatto Kirkegaard 
              nella metà dell’ultimo secolo: <Uno 
              infila un dito nel terreno per riconoscere dall’odore in quale 
              terra si trova: infilo un dito nell’esistenza- non odora di 
              niente. Dove sono? Chi sono? Da dove vengo? Che cosa è questa 
              cosa chiamata mondo? Che cosa significa questo mondo? Chi è 
              che mi ha catturato in questa cosa ed ora mi lascia li?....Come 
              sono venuto al mondo? Perchè non sono nemmeno stato consultato.....ma 
              sono stato spinto invece nei ranghi come se fossi stato comprato 
              da un rapitore di bambini, un venditore di anime? Come ho trovato 
              interesse in questa grande rappresentazione che chiamano realtà? 
              Perchè dovrei avere interesse per essa? Non si tratta di 
              un fatto volontario? E se sono obbligato a parteciparvi, dov’è 
              il regista? .....Dove dovrei rivolgermi per esprimere le mie lamentele?> 
              Forse non c’e’ nemmeno un regista. Bertrand Russel disse 
              che l’universo intero e’ semplicemente <il 
              risultato di una disposizione accidentale di atomi> e 
              affermò che le teorie scientifiche che portano a questa conclusione 
               <se non completamente fuori discussione, 
              sono quasi tanto certe che nessuna filosofia che le rigetti può 
              sperare di sopravvivere...Soltanto sulle solide fondamenta di una 
              disperazione insopportabile l’abitazione dell’anima 
              può da qui in avanti- essere costruita in modo sicuro.> 
              Sir Fred Hoyle, l’astronomo, parla della <situazione 
              davvero terrificante in cui ci troviamo. Eccoci qui in questo fantastico 
              universo con appena un’indizio della possibilità che 
              la nostra esistenza abbia alcun significato reale.> 
              Oppure, improvvisamente, tutto ciò si trasforma- come ho 
              già ricordato- nell’adozione fervente di insegnamenti 
              fanatici che, attraverso una mostruosa semplificazione della realtà, 
              fingono di rispondere a tutte le domande. Gli storici sanno che 
              gli errori della metafisica possono portare alla morte. R.G.Coleridge 
              scrisse: <La diagnosi - fatta dai Padri 
              della Chiesa- della decadenza della civiltà greco-romana, 
              attribuisce quell’ evento a una malattia metafisica....Non 
              fu l’invasione dei barbari a distruggere il mondo greco-romano.....La 
              causa fu una causa metafisica. Il mondo pagano stava fallendo nel 
              tenere in vita le proprie fondamentali convinzioni, [scrissero i 
              Padri] perchè a causa degli errori fatti dall’analisi 
              metafisica, era diventato confuso proprio dire quali fossero queste 
              convinzioni...Se la metafisica fosse stata semplicemente un lusso 
              intellettuale, ciò non avrebbe avuto importanza>. 
              Questo passaggio può essere applicato, senza alcun cambiamento- 
              alla civiltà odierna Noi siamo confusi rispetto a quali siano 
              davvero le nostre convinzioni. 
              Le grandi idee del XIX secolo possono riempirci la mente in un modo 
              o nell’altro, ma i nostri cuori non ci credono comunque. 
              Sono la mente e il cuore ad essere in guerra tra loro, non la ragione 
              e la fede, come comunemente si afferma. La nostra ragione è 
              oscurata da una fede straordinaria, cieca e irragionevole in una 
              serie di fantastiche idee che distruggono la vita ereditate dal 
              XIX secolo. Il principale compito della nostra ragione è 
              il recupero di una fede più vera di quella. 
              L’educazione non può aiutarci finché non restituisce 
              spazio alla metafisica. Che le materie insegnate siano quelle della 
              scienza o delle discipline umanistiche, se l’insegnamento 
              non porta a una chiarificazione della metafisica, cioè a 
              dire, delle nostre fondamentali convinzioni, non può educare 
              un uomo e conseguentemente, non può avere alcun valore reale 
              per la società. 
              Spesso si afferma che l’educazione sta crollando a causa della 
              iper- specializzazione. Ma questa è solo una diagnosi parziale 
              e fuorviante. 
              La specializzazione non è in sé un principio educativo 
              sbagliato. 
              Quale sarebbe l’alternativa: una superficiale conoscenza amatoriale 
              di tutte le principali discipline? O un lungo studium generale in 
              cui si è obbligati a perdere tempo annusando discipline che 
              non si desidera conoscere, mentre si e’ tenuti lontani da 
              ciò che veramente si vuole imparare? Questa non può 
              essere la risposta giusta dal momento che può portare soltanto 
              al tipo di uomo intellettuale che il Cardinal Newman condannava- 
              <…. un intellettuale, come il mondo 
              di oggi lo concepisce....uno pieno di ‘punti di vista’ 
              su tutti gli argomenti della filosofia, su tutti i fatti del giorno.> 
              Questo è un segno di ignoranza piuttosto che di conoscenza. 
              <Debbo insegnarvi il significato di conoscenza?> 
              disse Confucio. 
              <Quando sai una cosa, riconoscere di 
              saperla, e quando non la sai, sapere di non saperla: questa è 
              la conoscenza> 
              La colpa non è della specializzazione ma della mancanza di 
              profondità con cui le discipline vengono di solito presentate 
              e l’assenza di consapevolezza metafisica. 
              Le scienze vengono insegnate senza alcuna consapevolezza dei presupposti 
              della scienza, del significato e delle implicazioni delle leggi 
              scientifiche e del posto occupato dalle scienze naturali all’interno 
              della totalità del cosmo del pensiero umano. Il risultato 
              è che i presupposti della scienza vengono normalmente confusi 
              con le sue scoperte. 
              L’economia viene insegnata senza alcuna consapevolezza della 
              visione della natura umana che è alla base della teoria economica 
              del nostro tempo. 
              Molti economisti infatti sono essi stessi inconsapevoli del fatto 
              che tale visione è implicita nei loro insegnamenti e che 
              quasi tutte le loro teorie cambierebbero se quella visione cambiasse. 
              Come potrebbe esserci un insegnamento razionale della politica senza 
              riportare tutte le questioni alle loro origini metafisiche? 
              Il pensiero politico non può che essere necessariamente confuso 
              e alla fine incomprensibile se c’è un continuo rifiuto 
              ad ammettere lo studio serio dei problemi metafisici ed etici che 
              vi sono implicati. La confusione è già tanto grande 
              che è legittimo dubitare del valore educativo dello studio 
              di molte delle cosiddette discipline umanistiche.  
              Dico “così dette” perchè una disciplina 
              che non rende esplicita la sua visione della natura umana può 
              difficilmente essere chiamata umanistica. 
              Tutte le discipline, non importa quanto specialistiche, sono connesse 
              con un centro; sono come i raggi che emanano dal sole. Il centro 
              è costituito dalle nostre basilari convinzioni, da quelle 
              idee che davvero hanno il potere di muoverci. In altre parole il 
              centro consiste di metafisica ed etica, di idee che- ci piaccia 
              o no- trascendono il mondo dei fatti. 
              Poichè trascendono il mondo dei fatti, non possono essere 
              approvate o disapprovate dal metodo scientifico comune. Ma ciò 
              non significa che siano puramente “soggettive” o “relative’ 
              o semplicemente convenzioni arbitrarie. Debbono essere fedeli alla 
              realtà, sebbene trascendano il mondo dei fatti: un apparente 
              paradosso per i nostri pensatori positivisti. Se non sono fedeli 
              alla realtà, aderire a tale insieme di idee inevitabilmente 
              porta al disastro. 
              L’educazione ci aiuta se produce “uomini interi”. 
              L’uomo veramente educato non è un uomo che conosce 
              un pò di ogni cosa, né un uomo che conosce i dettagli 
              di ogni disciplina (ammesso che sia possibile): “l’uomo 
              intero” infatti può avere poca conoscenza dettagliata 
              dei fatti e delle teorie, può tenere l’Enciclopedia 
              Britannica perchè “lei sa e a lui non serve”, 
              ma sarà veramente a contatto con il centro. 
              Non avrà dubbi sulle sue convinzioni, sulla sua visione del 
              significato e dello scopo della sua vita. Può non essere 
              capace di spiegare queste cose con le parole, ma la condotta della 
              sua vita mostrerà una certa sicurezza del tocco che deriva 
              dalla sua chiarezza interiore. Cercherò di spiegare un po’ 
              meglio che cosa si intende per ‘centro’. 
              Tutta la attività umana insegue qualcosa che si pensa sia 
              buono. Questa non e’ niente di più che una tautologia, 
              ma ci aiuta a porre la domanda giusta: ”Buono per chi?” 
              “Buono per la persona che lo sta inseguendo”. Perciò 
              a meno che quella persona non abbia ordinato e coordinato i suoi 
              molteplici bisogni, impulsi e desideri, i suoi sforzi sono probabilmente 
              confusi, contraddittori, frustranti e probabilmente auto distruttivi. 
              Il “centro” ovviamente,è il luogo in cui l’uomo 
              deve creare per se stesso un sistema ordinato di idee su se stesso 
              e sul mondo, che regolino la direzione dei suoi vari sforzi. 
              Se non ci ha mai pensato (perchè è sempre troppo impegnato 
              con cose più importanti, o perchè è orgoglioso 
              di pensare “ umilmente”a se stesso come un agnostico), 
              il centro non sarà comunque vuoto: sarà pieno di tutte 
              quelle idee vitali che, in un modo o nell’altro, sono filtrate 
              nella sua mente durante gli anni bui. 
              Ho cercato di descrivere quali sono, oggi, quelle idee: una totale 
              negazione del significato e dello scopo dell’esistenza umana 
              sulla terra che porta alla disperazione totale di chiunque creda 
              in esse. Fortunatamente, come ho detto, il cuore spesso è 
              più intelligente della mente e rifiuta di accettare queste 
              idee con tutto il loro peso. Così l’uomo si è 
              salvato dalla disperazione ma è atterrato nella confusione. 
              Le sue convinzioni fondamentali sono confuse e incerte e di conseguenza 
              lo sono anche le sue azioni.  
              Se soltanto lasciasse cadere sul centro la luce della consapevolezza 
              e affrontasse la questione delle sue fondamentali convinzioni, potrebbe 
              creare ordine dove c’è disordine. Questo potrebbe “educarlo” 
              nel senso di condurlo fuori dal buio della sua confusione metafisica. 
              Non credo comunque che ciò si possa ottenere, senza che egli 
              accetti consapevolmente- anche se soltanto provvisoriamente- un 
              numero di idee metafisiche che sono quasi direttamente opposte alle 
              idee (sbocciate nel XIX secolo) che hanno alloggiato nella sua mente. 
              Farò tre esempi. 
              Mentre le idee del XIX secolo negano o cancellano la gerarchia dei 
              livelli nell’universo, la nozione di un ordine gerarchico 
              è un indispensabile strumento della comprensione. Senza il 
              riconoscimento dei ”livelli dell’Essere” e dei 
              “gradi di significato” non possiamo rendere intelleggibile 
              il mondo a noi stessi né avere la minima possibilità 
              di definire la nostra propria posizione, la posizione dell’uomo, 
              nello schema dell’universo. 
              E’ solo quando riusciamo a vedere il mondo come una scala, 
              e quando riusciamo a vedere la posizione dell’uomo nella scala, 
              che noi possiamo riconoscere un compito significativo della vita 
              dell’uomo sulla terra. Forse è un compito dell’uomo 
              – o semplicemente, se volete, la felicità dell’uomo- 
              il raggiungimento di un grado più alto di realizzazione delle 
              sue potenzialità, un livello più alto dell’essere 
              o del “grado di significato” di quello che gli è 
              dato ”naturalmente”: non possiamo nemmeno studiare questa 
              possibilità se non riconoscendo l’esistenza di una 
              struttura gerarchica. Fino a che interpreteremo il mondo attraverso 
              le grandi e vitali idee del XIX secolo, saremo ciechi a queste differenze 
              di livello, perchè siamo stati accecati. 
              Non appena accettiamo l’esistenza dei “livelli dell’essere” 
              possiamo subito capire, ad esempio, perchè i metodi della 
              fisica applicata non possono essere applicati allo studio della 
              politica o dell’economia, o perchè le scoperte della 
              fisica- come ha riconosciuto Einstein- non hanno alcuna implicazione 
              filosofica.Se noi accettiamo la divisione Aristotelica della filosofia 
              in ontologia ed epistemologia, l’affermazione dell’esistenza 
              dei i livelli dell’essere è una affermazione ontologica; 
              adesso ne aggiungo una epistemologica: la natura del nostro pensare 
              è tale che non possiamo fare a meno di pensare per opposti. 
              E’ abbastanza facile vedere che durante tutta la nostra vita 
              noi ci troviamo di fronte al compito di riconciliare gli opposti 
              che, nel pensiero logico, non possono essere riconciliati. I tipici 
              problemi della vita sono insolubili al livello dell’essere 
              nel quale normalmente ci troviamo. Come si possono riconciliare 
              le richieste di libertà e la disciplina nell’educazione? 
              Numerose madri e insegnanti lo fanno, infatti, ma nessuno sa descrivere 
              la soluzione. Lo fanno portando nella situazione una forza che appartiene 
              a un più alto livello dove gli opposti vengono trascesi- 
              il potere dell’amore.  
              G.N.M. Tyrell ha proposto i termini “divergente” e “convergente” 
              per distinguere i problemi che non possono essere risolti attraverso 
              il ragionamento logico da quelli che possono.  
              La vita è mantenuta in movimento dai problemi divergenti 
              che debbono essere “vissuti” e si risolvono solo con 
              la morte. I problemi convergenti, invece, sono la più utile 
              invenzione umana; non esistono, in quanto tali, nella realtà, 
              ma vengono creati da un processo di astrazione. Quando sono stati 
              risolti, la soluzione può essere scritta e passata ad altri 
              che possono applicarla senza bisogno di riprodurre lo sforzo necessario 
              per trovarla. Se questo fosse il caso delle relazioni umane nella 
              vita familiare, nell’economia, nella politica, nell’educazione 
              e così via, ebbene, non so come finire la frase. 
              Non ci sarebbero più relazioni umane ma soltanto reazioni 
              meccaniche; la vita sarebbe una morte vivente. I problemi divergenti, 
              costringono l’uomo a estendersi a un livello al di sopra di 
              sé; richiedono e provocano il contributo di forze da un livello 
              superiore portando così amore, bellezza, bontà e verità 
              nelle nostre vite. E’ solo con l’aiuto di queste forze 
              che gli opposti possono essere riconciliati nella situazione vivente. 
              Le scienze della fisica e la matematica hanno a che fare soprattutto 
              con problemi convergenti. E’ per questo che possono progredire 
              per accumulazione e ogni generazione può cominciare proprio 
              da dove i predecessori hanno lasciato. Il prezzo è comunque 
              alto. Trattare esclusivamente problemi convergenti non porta nella 
              vita, ma lontano da essa. 
              <Fino all’età di 30 anni,o 
              forse più -scrisse Charles Darwin nella sua autobiografia- 
              ogni genere di poesia....mi piaceva molto e perfino da scolaro sentivo 
              una gioia intensa nel leggere Shakespeare, specialmente le sue opere 
              storiche. Ho anche detto che in passato la pittura e la musica mi 
              davano un piacere grandissimo. Oggi e da molti anni, invece, non 
              sopporto di leggere nemmeno una strofa di poesia: ho provato recentemente 
              a leggere Shakespeare e l’ho trovato cosi insopportabilmente 
              noioso da farmi venire la nausea. Ho anche perso qualunque gusto 
              per la pittura e la musica....La mia mente sembra essere diventata 
              una macchina per setacciare le grandi leggi da una grande collezione 
              di fatti, ma perché questo abbia causato l’atrofia 
              solo di quella parte del cervello da cui dipendono le inclinazioni 
              più alte, non riesco a capirlo... 
              La perdita di quei talenti è una perdita della felicità 
              e può anche essere dannosa per l’intelletto e più 
              sicuramente per il carattere morale, poiché indebolisce la 
              parte emozionale della nostra natura.> Questo impoverimento, 
              descritto da Darwin in modo tanto commovente, finirà col 
              sopraffare tutta la nostra civiltà se permetteremo alle attuali 
              tendenze di continuare con quella che Gilson chiama “l’estensione 
              della scienza positiva ai fatti sociali”. 
              < Tutti i problemi divergenti possono diventare problemi convergenti 
              per un processo di “riduzione”.> 
              Il risultato, comunque è la perdita di tutte le qualità 
              più elevate che nobilitano la vita dell’uomo ottenendo 
              in cambio il degrado, non solo della parte emozionale della nostra 
              natura ma anche, come ha percepito Darwin, del nostro intelletto 
              e del carattere morale. 
              I segni oggi sono molto visibili. I veri problemi del vivere- nella 
              politica, nell’economia, nell’educazione, nel matrimonio, 
              etc.- sono sempre problemi di superamento o riconciliazione degli 
              opposti. Sono problemi divergenti e non trovano soluzione nel senso 
              comune della parola. Richiedono all’uomo non solo l’impiego 
              dei suoi poteri razionali ma l’impegno della sua intera personalità. 
              Naturalmente, vengono sempre proposte soluzioni spurie, attraverso 
              formule brillanti, ma queste non funzionano a lungo poiché, 
              invariabilmente trascurano uno dei due opposti perdendo in tal modo 
              proprio la qualità della vita umana. In economia, la soluzione 
              offerta può provvedere alla libertà ma non alla pianificazione, 
              o viceversa. Nell’organizzazione industriale può provvedere 
              alla disciplina ma non alla partecipazione dei lavoratori alla gestione 
              o viceversa. Nella politica, può provvedere alla leadership 
              senza democrazia, o, di nuovo, alla democrazia senza leadership. 
              Essere alla prese con i problemi divergenti tende a diventare estenuante, 
              preoccupante e noioso. Perciò la gente cerca di evitarli 
              e li sfugge. Un indaffarato dirigente che ha avuto a che fare con 
              problemi divergenti tutto il giorno, nel suo viaggio di ritorno 
              a casa, leggerà un romanzo giallo o risolverà un problema 
              di parole crociate. Perchè tutti e due presentano problemi 
              convergenti e questo è rilassante. 
              Richiedono un po’ di lavoro del cervello, anche difficile, 
              ma non richiedono di sforzarsi per tendere a un livello superiore 
              che è la sfida specifica posta da un problema divergente, 
              un problema in cui gli opposti non riconciliabili devono essere 
              riconciliati. Ma sono solo questi ultimi che costituiscono la sostanza 
              vera della vita. 
              Infine, arrivo alla terza classe di nozioni che appartengono veramente 
              alla metafisica, sebbene vengano sempre considerate separatamente, 
              cioè all’etica. Le più potenti idee del XIX 
              secolo, come abbiamo visto, hanno negato o almeno oscurato l’intero 
              concetto dei ”livelli dell’essere” e l’idea 
              che alcune cose siano più elevate di altre. Questo ha naturalmente 
              significato la distruzione dell’etica che è basata 
              sulla distinzione tra bene e male e afferma che il bene è 
              più elevato del male. 
              Ancora una volta, le colpe dei padri sono ricadute sulla terza e 
              la quarta generazione che adesso si trovano a crescere senza istruzioni 
              morali di alcun genere. Coloro che concepirono l’idea che 
              “ la moralità è un non senso” lo fecero 
              con una mente attrezzata di idee morali. 
              Ma le menti della terza e della quarta generazione non lo sono più: 
              sono piene di idee concepite nel XIX secolo, in particolare l’idea 
              che “la moralità è un non senso”, che 
              tutto quello che all’apparenza è più elevato, 
              non è davvero altro che qualcosa di basso e volgare. 
              La confusione che ne è derivata è indescrivibile. 
               
              Qual’è il Leitbild, come dicono i tedeschi, l’immagine-guida, 
              secondo cui i giovani potrebbero provare a formarsi ed educarsi? 
              Non c’è, o piuttosto, c’è un cumulo tale 
              e una confusione tale di immagini che non ne viene fuori alcuna 
              immagine-guida sensata. Gli intellettuali, la cui funzione sarebbe 
              quella di selezionare queste cose, passano il tempo a proclamare 
              che tutto è relativo- o qualcosa di simile. Oppure trattano 
              le questioni etiche nei termini del più disinvolto cinismo. 
              Far un esempio a cui ho già accennato prima. E’ significativo 
              perchè viene da uno degli uomini più influenti del 
              nostro tempo, Lord Keynes. <Per almeno 
              altri cento anni> scrisse <dobbiamo 
              fingere con noi stessi e con gli altri che il bello è osceno 
              e che l’osceno è bello; perchè l’osceno 
              è utile e il bello non lo è. Avarizia, usura e precauzione 
              debbono essere ancora per un po’ i nostri dei> Quando 
              uomini grandi e intelligenti parlano così, non possiamo sorprenderci 
              se nasce una certa confusione tra il bello e l’osceno che 
              porta al discorso incomprensibile- fin tanto che le cose sono tranquille- 
              e al crimine, quando cominciano a movimentarsi. Che avarizia, usura 
              e precauzione (sicurezza economica) dovrebbero essere i nostri déi 
              fu semplicemente una idea brillante per Keynes; sicuramente i suoi 
              dèi erano più nobili. Ma le idee sono le cose più 
              potenti della terra e non è un’ esagerazione dire che 
              al momento gli déi che egli raccomandò sono stati 
              messi sul trono. In etica e in tanti altri campi, abbiamo abbandonato 
              in modo azzardato e deliberatamente, la nostra grande eredità 
              classica-cristiana. Abbiamo perfino svalutato le parole stesse senza 
              le quali non si può portare avanti un discorso etico, parole 
              come virtù, amore, temperanza. Come risultato, siamo totalmente 
              ignoranti, totalmente ineducati in una materia che, di tutte le 
              materie concepibili, la più importante. Non abbiamo idee 
              con cui pensare e perciò siamo soltanto pronti a credere 
              che l’etica sia un campo in cui pensare non fa bene. Chi conosce 
              qualcosa oggi dei sette vizi capitali o delle quattro virtù 
              cardinali? Chi potrebbe anche solo nominarle? E se rispetto a queste 
              venerabili, vecchie idee, si pensa che non valga nemmeno la pena 
              considerarle, quali nuove idee hanno preso il loro posto? Che cosa 
              deve prendere il posto dello spirito e della metafisica che distrugge 
              la vita, ereditate dal XIX secolo? Il compito della nostra generazione, 
              non ho alcun dubbio, è una ricostruzione della metafisica. 
              Non è che dobbiamo inventare niente di nuovo; allo stesso 
              tempo non è sufficiente semplicemente ritornare alle vecchie 
              formulazioni. Il nostro compito e il compito di tutta l’educazione 
              è quello di capire il mondo presente, il mondo in cui viviamo 
              e facciamo le nostre scelte. 
              I problemi dell’educazione sono semplicemente i riflessi dei 
              problemi più profondi della nostra epoca. Non possono essere 
              risolti dall’organizzazione, dall’amministrazione o 
              dal consumo di denaro, anche se l’importanza di tutto ciò 
              non può essere negata. 
              Noi stiamo soffrendo di una malattia metafisica e la cura deve perciò 
              essere metafisica. 
              L’educazione che fallisce nel chiarire le nostre convinzioni 
              centrali è puro addestramento o indulgenza. Perchè 
              sono queste convinzioni ad essere in disordine e fino a che il carattere 
              antimetafisico del presente persiste, il disordine continuerà 
              ad aumentare. L’educazione, lungi dall’essere considerata 
              la risorsa umana più grande, diventerà allora un agente 
              di distruzione. (corruptio optimi pessima). 
            estratto da: E.F. Schumacher, 
              Small is beautiful: A Study of Economics As If People Mattered, 
              1973 
             
               
            
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