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            INTELLIGENZA DEL PROGETTO  ECOLOGICO 
            di David W. Orr, 2004 
              traduzione di Franca Bossalino 
            La scoperta più importante dei due secoli  passati è che siamo tutti parte di un delicato esperimento, vulnerabile ai  giudizi, alla miopia, all’avidità e alla malizia. Sebbene divisi per nazioni,  tribù, religioni, etnie, lingua, cultura e politica, tutti partecipiamo a  un’impresa che comincia molto indietro nel tempo, oltre la memoria, ma non al  di là della nostra capacità di riconoscere che siamo anche, per dirla con Aldo  Leopold, semplici membri e cittadini della comunità biotica. 
              Questa consapevolezza comporta sia un  imperativo che una possibilità. L’imperativo è semplicemente che dovremmo  considerare molto attentamente e da vicino le condizioni ecologiche e i  prerequisiti che sostengono tutta la vita.  Il fatto che noi non sappiamo quasi mai come  le azioni umane influenzano gli ecosistemi o  la biosfera  ci offre delle buone ragioni  per agire con precauzione. E a causa della scala e dell’impatto della presenza  umana sulla Terra, è assolutamente folle affermare altrimenti. 
              E’ anche possibile che nella lunga gestazione  del genere umano, questo abbia sviluppato un’ affinità  con la vita, la Terra, le foreste, l’acqua,  i terreni e i luoghi- quello che E.O.Wilson chiama “biofilia”. E’ più che un’ipotesi difendibile- è la speranza  migliore per il nostro futuro. Perchè sia una vera speranza e non solo una  illusione, non dovremmo pensare come prima cosa alla nostra abilità tecnologica  o alle astrazioni sul progresso di una specie o dell’altra, ma, considerando la  profondità dei nostri affetti, dovremmo chiederci da dove discendiamo e quale  vita è dentro di noi. Fa parte del nostro patrimonio evolutivo. E’ radicata in  tutti i nostri insegnamenti religiosi. Ed ora per una semplice questione di  egoismo individuale, ci siamo resi conto della reale dimensione dei nostri  obblighi.             
            Forse la biofilia ci aiuta a spiegare  l’emergere di qualcosa che sembra veramente assomigliare a un illuminismo ecologico. La transizione globale ai sistemi  energetici- solare ed eolico- è cominciata sul serio. L’agricoltura sostenibile  e la ri-forestazione stanno prendendo piede. L’arte e la scienza della  costruzione energeticamente efficiente sta fiorendo. 
              La possibilità di trasformare la produzione e  la tecnologia, imitando i sistemi naturali, è rivoluzionaria. La scienza del  risanamento e del restauro ha fatto progressi significativi. 
              Le più eccitanti opportunità di carriera che  io conosca aggiungono la parola ‘ambientale’ ai campi specifici: il progetto  ambientale, la pianificazione ambientale, la medicina ambientale, l’educazione  ambientale, lo sviluppo ambientale, etc. Organizzazioni non-governative  di modeste dimensioni, come Bioneers, Rocky Mountain Institute, Center  for Ecoliteracy, Schumacher College, Ecotrust, Janet Goodall Center e Ocean  Arks, sono molto influenti in tutto il mondo. 
              Internet sta aprendo nuove possibilità per i  cittadini affinché cooperino, diffondano le idee e si adoprino per  l’affidabilità dei governi. Penso che G.Wells avesse ragione quando disse che “siamo  nel mezzo di una corsa tra l’educazione e la catastrofe.” L’esito di  questa  corsa si deciderà in tutti i  luoghi, comprese le aule di scuola, che promuovono l’immaginazione ecologica,  il pensiero critico, la consapevolezza delle connessioni, il pensiero  indipendente e la bontà d’animo.  
              Da parte sua, l’educazione ambientale si sta  consolidando nelle organizzazioni no-profit, nelle istituzioni pubbliche, nelle  scuole, nei college e nelle università. L’espressione “educazione ambientale  " comunque, implica l’educazione sull’ambiente: solo uno o due corsi in  più, come una costruzione annessa alla grande casa della educazione formale in  cui si studiano le cose veramente importanti. Ma dovremmo aspirare a una trasformazione più profonda della sostanza, del  processo e dello scopo dell’educazione a tutti i livelli. 
               
              Il titolo del mio  libro del 1992, Alfabetizzazione  Ecologica, identifica  l’obiettivo  che emerge dal riconoscere che: 
              1. Il disordine degli ecosistemi riflette un  disordine della mente, e questo deve diventare la preoccupazione principale  per quelle istituzioni il cui intento è quello di elevare le menti. In altre  parole, la crisi ecologica è sotto  ogni aspetto una crisi della educazione. 
              2. Il problema,  come disse una volta Wes Jackson, a proposito dell’agricoltura, è ‘una’ educazione, non semplicemente l’educazione. 
              3. Tutta l’educazione è educazione ambientale…con  quello che includiamo o escludiamo, noi insegniamo ai giovani che sono parte  del mondo naturale o che sono separati da esso.  
              4. L’obiettivo non  è soltanto padroneggiare le materie, ma fare  le connessioni tra testa, mani e cuore e coltivare la capacità di  discernere i sistemi: quello che Gregory Bateson definì “il modello che connette”. 
               
              Una persona ecologicamente alfabetizzata dovrebbe  avere almeno una conoscenza di base dell’ecologia, dell’ecologia umana e dei  concetti di sostenibilità e anche dei mezzi per risolvere i problemi. 
              Portato alla sua conclusione logica, l’obiettivo di rendere tutti i nostri  studenti ecologicamente alfabetizzati, concorda con l’idea che l’educazione  è principalmente e soprattutto, una ‘conversazione ampia’ con aspetti tecnici,  non semplicemente un argomento tecnico. 
              Qualunque sia lo stato della nostra ricerca  pedagogica, la vita della mente è- e resterà un processo misterioso e ricco di  sorprese inaspettate, influenzato soltanto, in qualche modo, dall’istruzione  formale (a volte senza buoni risultati). In quanto conversazione ampia, dovremmo  restituire all’educazione l’importanza che qualunque filosofo, da Platone in  poi, attraverso Rousseau, Dewey e Whitehead, le ha riconosciuto. 
              L’educazione- come loro sapevano bene- aveva  a che fare con l’eterna domanda su come dobbiamo vivere. E ai nostri tempi, la grande  domanda  riguarda come vivremo alla luce  del principio ecologico, per cui noi siamo tutti parte della comunità della  vita che è una e indivisibile e che adesso è minacciata dai grandi numeri e  dalla negligenza degli uomini. 
            Si possono trarre quattro conclusioni:  
              1) Se l’educazione ecologica è confinata  nelle scuole che funzionano come isole dentro un mare più grande di disastri  ecologici- centri commerciali, autostrade, degrado urbano, quartieri poveri  rurali, e inquinamento- probabilmente non riusciranno a trasformare alcunché. Per essere efficace, l’educazione deve  coinvolgere tutta la società.  
              2) Le organizzazioni non governative, le  scuole, i college e le università debbono essere i catalizzatori di una trasformazione più grande della cultura e  della società, a maggior ragione, a causa dell’abbandono da parte dei governi e  del mondo dell’economia. 
              3) Se debbono essere trasformativi, l’educazione ambientale, il campus e il  curriculum debbono essere essi stessi trasformati per riflettere le realtà  ecologiche. 
              4) L’obiettivo  della alfabetizzazione ecologica non è un genere di alfabetizzazione  passiva da confondersi con la lettura, per quanto importante, ma è la coltivazione dell’intelligenza  ecologica, dell’immaginazione e della competenza, cioè, dell’intelligenza del  progetto. 
              A proposito del terzo e quarto punto: Thoreau andò a Walden- come raccontò  lui stesso- per sperimentare i problemi del vivere in una nicchia in cui  poterli studiare. Analogamente: perchè non  individuare alcuni dei problemi della  sostenibilità mettendo a confronto le nuove generazioni in un contesto come la  scuola o l’università, riproponendoli nei corsi, nel curriculum, nella ricerca  e, possibilmente, nelle soluzioni? 
               
              Per esempio, a partire dal 1995, ho fatto un esperimento insieme agli studenti, alla facoltà  e ai cittadini, cioè quello di progettare e costruire un centro per gli studi  ambientali all’Oberlin College. Gli  studenti si sono riuniti in 13 sessioni programmatiche e successivamente hanno  incontrato un gruppo di architetti e designers per sviluppare i concetti da  incorporare, alla fine, nell’Adam Joseph  Lewis Centre. 
              Gli obiettivi del progetto comprendevano  l’efficienza energetica, l’uso dell’energia solare, il riciclo delle acque,  l’eliminazione dei materiali tossici e un  edificio che avrebbe continuato ad imparare funzionando  come un microcosmo, in cui analizzare  alcune delle sfide rappresentate dalla sostenibilità, alla scala della  comunità. Queste diventarono il nucleo centrale della missione educativa  scaturita dal progetto. 
              Il risultato è un edificio e un paesaggio che  sono diventati laboratori per lo studio di soluzioni tecniche ecologiche per il  riciclo dell’acqua, per l’energia solare, per il risanamento ecologico, per il  progetto ecologico, per la raccolta, l’analisi e l’esposizione dei dati, la  gestione del paesaggio, l’orticoltura e l’arte di comunicare queste cose al  pubblico.  
              Ma questi temi richiedono la padronanza di  abilità differenti da quelle richieste per la costruzione di una società  industriale. La nostra aspirazione è stata quella di incoraggiare nei nostri  studenti le capacità specifiche per valutare i costi sulla base del ciclo di  vita, per analizzare i sistemi nella loro totalità, per padroneggiare i nuovi  strumenti come i sistemi di informazione geografica; di incoraggiare, inoltre,  le capacità pratiche richieste per catturare il sole, risanare il paesaggio,  coltivare cibo, progettare edifici e iniziare il cambiamento. 
              A sua volta, il Lewis Centre è stato  strumentale nel catalizzare la formazione della Cleveland Green Building Coalition, una fattoria  sostenuta da una comunità di 75 acri, un progetto di 13  miliardi di dollari nel downtown di Oberlin, organizzato da tre nuovi laureati  e da un nuovo gruppo costituito da tre studenti e da un membro della facoltà che  si occupano, in particolare, della commercializzazione dell’arte e della  scienza dell’analisi e dell’esposizione dei dati relativi alle prestazioni  energetiche degli edifici. 
              Il Lewis Centre è stato anche utile nell’incoraggiare  gli amministratori del college ad adottare una politica ambientale generale che  comprende  l’obiettivo di diventare climaticamente  neutrale. In altre parole, l’edificio è  stato un mezzo per fini più grandi, come il potenziamento della competenza  ecologica, il miglioramento delle capacità progettuali ecologiche e l’inizio di  un cambiamento reale. 
              La sfida per noi educatori consiste  nell’attrezzare i nostri studenti con le capacità  pratiche, le abilità analitiche,  la profondità filosofica e i comportamenti etici necessari per dare un nuovo segnale della presenza umana sulla  Terra. In breve, gli studenti  debbono sostituire l’economia estrattiva con un’economia che funzioni con la  luce del sole, che elimini il concetto di rifiuto, che usi energia e materiali  con grande efficienza e che distribuisca la ricchezza all’interno e tra le  generazioni. Dobbiamo riformulare i sistemi con i quali ci procuriamo il  cibo, l’energia, l’acqua, i materiali, la sopravvivenza, e con cui  gestiamo i nostri rifiuti.  
               
              Un titolo sulla rivista scientifica Science del 16 marzo 2004 dice: “Fianco  a fianco, Palestinesi e Israeliani, risanano un fiume in rovina”. Immaginate un  po’! Per capire l’ecologia di un fiume e i sistemi umani che la influenzano  serve l’intelligenza ecologica che emerge attraversando i confini delle  discipline. Per gli Israeliani e i Palestinesi unirsi nel tentativo di risanare  attraverso la separazione generata dall’odio, dalla paura e dalla violenza, è  una sfida progettuale ancora più grande, poiché ha a che fare con le  connessioni tra ecologia umana, sistemi naturali e la possibilità di perdono e  redenzione. Il progetto ecologico aspira a questo tipo di risanamento nella  consapevolezza che salute, cura, integrità e sacralità sono una cosa sola e  indivisibile. 
            testo originale  
 
               
               
            
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