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            SUL CAMBIAMENTO CLIMATICO E LA SPERANZA "APPLICATA"  
            di David W. Orr,  
              traduzione di Franca Bossalino  
               
              estratto da: Down to the Wire: Confronting Climate Collapse, by David W. Orr, 2009 
            Per  affrontare le cause del cambiamento climatico abbiamo bisogno di una  consapevolezza  totale e più  profonda di come siamo arrivati al punto di distruggere la prospettiva dell’umanità e gran parte del  pianeta. Non è accaduto accidentalmente ma è la logica conseguenza di una serie  di presupposti, di filosofie, di visioni e di relazioni di potere scorrette che  sono state evidenti per un lungo tempo.... 
               
  Il fatto è  che la stabilità del clima, la sostenibilità e la sicurezza, sono impossibili in  un mondo con troppa violenza, troppe armi, troppo potere irresponsabile, con  troppo benessere per alcuni e troppo poco per gli altri e un sistema  politico che viene comprato e pagato a  porte chiuse. Il disastro climatico è, in altre parole, un sintomo di una  malattia più grande.  
  Che cosa  propongo? Semplicemente questo: che  coloro che   pretendono di  guidarci e tutti  quelli di noi che sono preoccupati per il cambiamento del clima, per la qualità  ambientale e l’equità, trattino il pubblico da adulti intelligenti capaci di  comprendere la verità e di agire creativamente e coraggiosamente di fronte alla  necessità- come un dottore che parla a un paziente affetto da una  malattia  potenzialmente terminale. Di fronte a una malattia che minaccia la vita,  la gente, molto spesso, risponde  in modo eroico.  
  Ogni giorno,  soldati, genitori, cittadini e stranieri fanno cose eroiche e improbabili nella  piena coscienza del prezzo che pagheranno. Molto dipende da come la gente viene  guidata. Robert Greenleaf, uno dei più grandi studiosi di leadership, lo esprime così: “Fa parte dell’enigma della  natura umana, che la persona ‘tipica’-  immatura, instabile, inetta, pigra- sia capace di   grande dedizione e di eroismo se è guidata saggiamente."  
  I veri  leader, compresi quelli che operano nei media, debbono parlare al loro pubblico in modo appropriato a un momento  straordinariamente pericoloso come questo. Debbono chiedere alle persone, ben informate sulle recenti   celebrità, di tornare ad essere cittadini attivi, a voler sapere di più, a pensare in  modo più profondo, ad assumersi le proprie responsabilità, a partecipare  pubblicamente e, una volta ogni tanto, a  sacrificarsi. I leader debbono aiutare la gente a vedere le connessioni tra il  clima, la qualità dell’ambiente, la sicurezza, il consumo energetico, l’equità  e la prosperità. Dobbiamo imparare ad essere creativi nelle avversità. Per  quanto bizzarro e ingenuo possa sembrare, la gente lo ha fatto in passato e ha funzionato.  
  Dire la  verità richiede ai leader -a tutti i  livelli- di parlare chiaramente delle cause dei nostri fallimenti che ci hanno  portato sull’orlo del disastro. Se falliremo nel trattare le cause  fondamentali, nessun  rimedio potrà  salvarci a lungo termine. I problemi possono, in un modo o nell’altro,  rintracciarsi nell’esercizio irresponsabile del potere che ha escluso i diritti  dei poveri, di quelli che non votano, e  di ogni  generazione dopo la nostra. 
  Questo è in  grande misura un risultato diretto del denaro nella politica che è stato complice  del furto operato ai danni del popolo, -comprese le  reti della  radio e della televisione in cui la disinformazione deliberata e la  distrazione del pubblico è diventata un’industria. 
  Il diritto  di parlare liberamente, come disse Lincoln nel suo discorso alla Cooper Union  nel 1860 non dovrebbe essere usato “per fuorviare gli altri che non conoscono  bene la storia e che hanno meno tempo libero per studiarla”. Ma i diritti del  capitale sui media adesso si sposteranno   sull’onestà e sul dialogo pubblico e continueranno a farlo finchè il  pubblico non riaffermerà il suo legittimo controllo sulle proprietà comuni,  comprese radio e televisione. 
  Una  leadership nuova nella crisi più grande che l’umanità abbia mai affrontato è  quella che porta  la gente ad  acquisire una  visione più elevata rispetto a quella della ricca società del consumo. 
  Pensate alla differenza tra la tendenza stagnante o  decadente della felicità americana nella metà dell’ultimo secolo e quella del  crescente PIL. Questa avrebbe dovuto avvalorare l’antico messaggio, secondo cui,  oltre un certo livello, avere di più non significa vivere meglio. Se non riusciamo ad avere una  visione di un futuro vivibile decente che non sia quello dell'attuale società consumistica, non  avremo mai il coraggio, l’immaginazione o lo spirito di fare le cose ovvie per  creare qualcosa che sia meglio di quello che c’è in prospettiva. 
  Allora, a  che cosa potrebbe somigliare una società a zero emissioni  di CO2, una società sempre più  sostenibile?  
  Nella mia visione di comunità sostenibile io vedo: 
  verande 
  parchi  pubblici 
  attività  commerciali locali 
  mulini a  vento e collettori solari 
  macchine  viventi per trattare le acque di scarico 
  fattorie  locali e cibo migliore 
  terreni  migliori e sempre più boscosi 
  lavoro  estivo per i giovani in attività utili 
  impiego  locale 
  più piste ciclabili 
  campionati di baseball estivi 
              teatri  pubblici    
              una poesia  migliore    
              gruppi di discussione di  vicinato 
              campionati di bowling 
              scuole migliori 
              centri  cittadini vibranti e forti con i caffè sui parciapiedi 
              grandi pub  che servono birre piccole 
              meno  autostrade,centri commerciali, e televisione 
              più bambini  che giocano per strada 
            non più guerre per il petrolio o per l’accesso  alle risorse di altri. 
              
            testo originale  
 
               
               
            
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