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            PROGETTO, 
              ECOLOGIA, ETICA E “IL FARE” 
              estratto da: A Centennial Sermon "Design, 
              Ecology, Ethics and the Making Of Things" 
              The Cathedral Of St. John The Divine, New York, 1993 
               
              di William Mc Donough 
              traduzione di Franca Bossalino 
            […] Se noi comprendiamo che il progetto conduce 
              alla manifestazione dell’intenzione umana e se quello che 
              noi facciamo con le nostre mani deve essere sacro e deve onorare 
              la terra che ci dà la vita, allora le 
              cose che facciamo non solo debbono elevarsi dalla terra ma debbono 
              ritornare ad essa, terra alla terra, acqua all’acqua, 
              in modo tale che ogni cosa che si è ricevuta dalla terra 
              possa essere liberamente restituita ad essa senza che ciò 
              danneggi qualunque sistema vivente. Questa è ecologia. Questo 
              è il buon progetto[…] Se ricorriamo allo studio dell’architettura 
              e andiamo indietro nella storia, vediamo che gli architetti hanno 
              sempre lavorato con due elementi, la massa e la membrana […] 
              Le mura e le tende […] Nell’intero corso della storia, 
              si può vedere una continua sperimentazione tra massa e membrana 
              […] La sfida è sempre stata, a un certo livello, quella 
              di combinare la luce con la massa e l’aria. Questo esperimento 
              si è manifestato in tutta la sua potenza nell’architettura 
              moderna che è apparsa con l’avvento del vetro a basso 
              costo. E’ stata una sfortuna che nello stesso tempo in cui 
              comparve la grande lastra di vetro, si inaugurasse anche l’era 
              dell’energia a basso costo. E fu così che gli architetti 
              non si basarono più sul sole per riscaldarsi o illuminare. 
              Abbiamo usato il vetro in modo ironico. La speranza che il vetro 
              ci avrebbe connesso con l’esterno è stata completamente 
              vanificata dall’aver sigillato gli edifici. Abbiamo provocato 
              lo stress nella gente perché, alla fine, l’abbiamo 
              intrappolata -nonostante questa non fosse la nostra intenzione e 
              i problemi sono diventati molto seri. La gente sta facendo l’orribile 
              esperienza di essere intrappolata all’interno, e, in particolare, 
              insieme alle migliaia e migliaia di componenti chimici che vengono 
              usati oggi per fare le cose. 
               
              Pensateci: la casa è una macchina 
              per abitare. 
              Un ufficio è una macchina per lavorare; una cattedrale è 
              una macchina per pregare. Questa è diventata una prospettiva 
              terrificante, perché quello che è successo è 
              che gli architetti oggi stanno progettando per le macchine e non 
              per la gente. 
              Parlano di riscaldare un edificio con il sole, perfino di scaldare 
              una cattedrale con il sole. 
              Ma non è la cattedrale che chiede di essere scaldata, sono 
              le persone. 
              Per scaldare una cattedrale con l’energia solare bisognerebbe 
              scaldare i piedi delle persone, non l’aria a 36 metri al di 
              sopra delle loro teste. Dobbiamo ascoltare l’idea del biologo 
              John Todd per cui noi dobbiamo lavorare con macchine 
              viventi, non per macchine per abitare. L’attenzione 
              dovrebbe essere posta sui bisogni della gente e la gente ha bisogno 
              di acqua pulita, di materiali sicuri e di durevolezza. E noi dobbiamo 
              progettare a partire dall’energia solare. Ci sono alcune leggi 
              fondamentali inerenti al mondo naturale che noi possiamo usare come 
              modelli e come consigli per i progetti umani. La parola Ecologia 
              ha origini greche ed è composta di due parole: Oikos 
              e Logos- Dimora e Discorso (logico) -perciò è 
              appropriato, se non addirittura imperativo per gli architetti, discorrere 
              logicamente sulla nostra dimora terra. Per fare ciò, dobbiamo 
              innanzi tutto guardare il nostro pianeta e i processi attraverso 
              i quali si manifesta la vita, perché è lì che 
              stanno i principi logici con cui dobbiamo lavorare. 
              E dobbiamo anche considerare l’Economia 
              nel senso vero della parola: quando usiamo le parole greche Oikos 
              e Nomos, parliamo della legge naturale 
              della dimora terra e di come misuriamo e amministriamo le 
              relazioni al suo interno, lavorando con i principi che il nostro 
              discorso ci ha rivelato. 
              E come misuriamo il nostro lavoro secondo queste leggi? Ha senso 
              misurarlo attraverso le banconote che abbiamo nel portafoglio? Ha 
              senso misurarlo attraverso quella grande sommatoria che è 
              il PIL? Perché se facciamo così, scopriamo che la 
              perdita dei serbatoi della Exxon Valdez è stato un evento 
              fruttuoso perché una quantità enorme di denaro è 
              stata spesa per ripulire il Prince William Sound. 
              Allora, che cosa stiamo veramente misurando? Se non abbiamo messo 
              le risorse naturali dalla parte dei beni nel libro dei conti, allora 
              dove stanno? E’ proprio vero che una foresta ha più 
              valore quando è tagliata? E’ proprio vero che noi prosperiamo 
              quando il salmone selvaggio viene completamente rimosso da un fiume? 
               
               
              Ci sono tre caratteristiche che possiamo imparare dal progetto naturale. 
              La prima è che ogni cosa con cui dobbiamo lavorare è 
              già qui- pietra, argilla, legno, acqua, aria. 
              Tutti i materiali che la natura ci ha dato 
              tornano continuamente alla terra, senza che esista il concetto 
              di rifiuto come noi l’intendiamo oggi. Ogni cosa circola costantemente 
              perché tutti i rifiuti sono cibo 
              per altri sistemi viventi. 
              La seconda è che una cosa che permette alla natura di circolare 
              continuamente è l’energia e che questa energia proviene 
              dall’esterno del sistema nella forma dell’energia 
              eterna del sole. Non solo la natura opera usando l’energia 
              solare, ma non scava o estrae energia dal passato, non usa riserve 
              di capitali e non prende in prestito dal futuro. E’ un sistema 
              straordinariamente complesso ed efficiente per creare e mettere 
              in circolo il nutrimento ed è così economico 
              che i metodi moderni di produzione impallidiscono al confronto con 
              l’eleganza dei sistemi di produzione naturali. 
              Infine, la caratteristica che sostiene questo complesso ed efficiente 
              sistema di metabolismo e creazione è la biodiversità. 
              Ciò che impedisce ai sistemi viventi di indebolirsi e virare 
              al caos è una relazione miracolosamente intricata e simbiotica 
              tra milioni di organismi, nessuno dei quali è uguale all’altro. 
              Come progettista di edifici, oggetti e sistemi, mi chiedo come poter 
              applicare queste tre caratteristiche dei sistemi viventi al mio 
              lavoro. Come impiegare il concetto di rifiuto 
              uguale cibo, dell’apporto di 
              energia solare, e di protezione della 
              biodiversità nel progetto? 
            […] se ci chiedessimo “chi è il 
              leader su una nave che attraversa l’oceano?” Riceveremmo 
              risposte ovvie, come il capitano, il navigatore o il timoniere. 
              Ma la risposta non è nessuna di quelle. Il leader è 
              il progettista della nave perché le operazioni su una nave 
              sono una conseguenza del progetto, che è il risultato dell’intenzione 
              umana. Oggi noi stiamo ancora progettando navi, macchine alimentate 
              con combustibili fossili che hanno effetti deleteri. Abbiamo bisogno 
              di un nuovo progetto. 
            Michael Braungart, un chimico 
              ecologista di Amburgo, ha affermato che noi dovremmo togliere dal 
              vocabolario la parola “rifiuto” e cominciare a usare 
              la parola ‘prodotto’, perché se il rifiuto è 
              uguale cibo, deve essere anche un prodotto. 
               
              Braungart suggerisce di pensare a tre distinti generi di prodotto: 
              1- Ci sono prodotti consumabili e 
              per la verità dovremmo produrne di più. Questi sono 
              prodotti che dopo averli mangiati, usati o gettati via, ritornano 
              letteralmente al suolo e perciò sono cibo per altri organismi 
              viventi. Questi prodotti consumabili, non dovrebbero essere buttati 
              nelle discariche, ma nel terreno, in modo che possano ricreare la 
              vita, la salute e la fertilità del suolo[…] Significa 
              che tutto ciò che è consumabile può ritornare 
              al suolo da cui è venuto. 
            2-Poi ci sono prodotti 
              di servizio, anche noti come durevoli, come automobili e 
              apparecchi televisivi. Sono chiamati prodotti di servizio perché 
              quello che il consumatore vuole è il servizio che forniscono- 
              alimentazione, intrattenimento o trasporto.  
              Per eliminare il concetto di rifiuto, i prodotti di servizio non 
              dovranno essere venduti, ma concessi al fruitore finale. 
              I consumatori possono usarli finché li desiderano, possono 
              anche vendere la concessione a qualcun’altro, ma quando l’utente 
              finale non vuole più- diciamo- una televisione, questa ritorna 
              alla Sony, alla Zenith o alla Philips. E’ “cibo” 
              per i loro sistemi, ma non per i sistemi naturali. 
              I prodotti di servizio debbono continuare a vivere oltre la loro 
              vita iniziale di prodotti, debbono essere di proprietà dei 
              loro costruttori e progettati per essere scomponibili, ri-fabbricati 
              e continuamente ri-usati. 
               
              3-Il terzo genere di prodotto è chiamato “unmarketables”, 
              gli invendibili. 
              La domanda è questa: perchè qualcuno dovrebbe produrre 
              un prodotto che nessuno comprerebbe? 
              Benvenuti nel mondo delle scorie nucleari, delle tossine e delle 
              pelli tinte al cromo. 
              Noi stiamo essenzialmente facendo prodotti o sotto componenti di 
              prodotti che nessuno dovrebbe comprare, o che in molti casi nemmeno 
              ci rendiamo conto di avere comprato. Questi prodotti non solo debbono 
              cessare di essere venduti ma quelli già venduti dovrebbe 
              essere immagazzinati in specifici posti una volta abbandonati fino 
              a che non si trova un modo sicuro e non-tossico in cui se ne può 
              disporre[…] 
               
              […] Man mano che diventiamo consapevoli delle implicazioni 
              etiche del progetto, non solo per quanto riguarda gli edifici ma 
              per ogni aspetto del comportamento umano, esse riflettono i cambiamenti 
              nella nozione storica di chi ha diritto e a che cosa. 
              Quando si studia la storia dei diritto, si comincia dalla Magna 
              Charta che prendeva in considerazione i diritti dei bianchi, degli 
              Inglesi, dei nobili di sesso maschile. 
              Con la Dichiarazione dell’Indipendenza, i diritti si estesero 
              a tutti i maschi bianchi proprietari di terre. Quasi un secolo dopo, 
              ci fu l’emancipazione degli schiavi e all’inizio di 
              questo secolo il diritto di voto alle donne. Poi il passo si accellera 
              con il Civil Rights Act del 1964 e nel 1973 con l’Endangered 
              Species Act. 
              Per la prima volta venne riconosciuto il diritto ad esistere delle 
              altre specie e degli altri organismi.  
              Abbiamo essenzialmente “dichiarato” che l’Homo 
              Sapiens fa parte della rete della vita. Così, se Thomas Jefferson 
              fosse con noi oggi, farebbe un appello per una Dichiarazione 
              di Interdipendenza che riconosca che la nostra capacità 
              di perseguire il benessere, la salute e la felicità, dipende 
              da tutte le altre forme di vita, che i diritti di una specie sono 
              legati ai diritti delle altre e che nessuna dovrebbe sopportare 
              la tirannia. 
              Questa Dichiarazione di Interdipendenza arriva con la presa di coscienza 
              che il mondo è diventato ampiamente complesso, sia nei sui 
              funzionamenti che nella nostra abilità di percepire e comprendere 
              tale complessità. In questo mondo così complicato, 
              i modi di dominare del passato hanno essenzialmente perso la capacità 
              di mantenere il controllo.  
               
              […] Dobbiamo affrontare il fatto che quello che stiamo vedendo 
              nel mondo oggi è la guerra, una guerra contro la vita stessa. 
              Gli attuali sistemi di progettazione hanno creato un mondo che cresce 
              molto oltre la capacità dell’ambiente di sostenere 
              la vita in futuro. L’idioma industriale del progetto, avendo 
              fallito nell’onorare i principi della natura, può solo 
              violarli, producendo rifiuti e danni, trascurando lo spirito delle 
              intenzioni. Distruggendo più foreste, bruciando più 
              rifiuti, sbiancando più carta, distruggendo lo strato superficiale 
              del suolo, avvelenando più insetti, costruendo sugli habitat, 
              deviando corsi dei fiumi, producendo più rifiuti tossici 
              e radioattivi, stiamo creando una grande macchina industriale non 
              per abitare, ma per morire. E’ una guerra, una guerra a cui 
              solo ancora poche generazioni potranno sopravvivere. 
              Quando sono stato in Giordania, ho lavorato per il re Hussein. Mentre 
              stavo attraversando a piedi un villaggio che era stato spazzato 
              via dai carri armati vidi uno scheletro di un bambino schiacciato 
              sul muro e inorridii. Il mio ospite arabo si girò verso di 
              me e disse:” Non sai cos’è la guerra?” 
              E io risposi: “Credo di no.” E lui: “La guerra 
              è quando uccidono i tuoi figli”.  
              Perciò credo che siamo in guerra. Dobbiamo fermarci. Per 
              farlo dobbiamo smettere di progettare ogni giorno cose per uccidere, 
              e dobbiamo smettere di progettare macchine per uccidere. 
              Dobbiamo riconoscere che ogni evento e ogni manifestazione della 
              natura è progetto, che vivere dentro le leggi della natura 
              significa esprimere la nostra intenzione umana di specie interdipendente, 
              consapevole e grata di essere alla misericordia di forze sacre più 
              grandi di noi stessi, e che obbediamo a queste leggi al fine di 
              onorare il sacro in ciascuno di noi e in tutte le cose. Dobbiamo 
              tornare in pace con il mondo naturale e accettare il nostro ruolo 
              in esso. […] 
             
             
              testo integrale in inglese 
               
               
             
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