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            EDIFICI COME ALBERI, CITTA' COME FORESTE 
               di William McDonough 
              traduzione di Franca Bossalino 
            Quando Le Corbusier, architetto e teorico, immaginava  il futuro delle città, nei primi anni del XX secolo, anticipò una nuova  estetica industriale che avrebbe liberato il progetto dagli ostacoli rappresentati  dal mondo naturale. Per Le Corbusier, la città era “un’ operazione umana  diretta contro la natura” e la casa era “una macchina per abitare”. Immaginò  un’architettura mondiale plasmata dallo “spirito della produzione di massa”,  l’ideale di “un unico edificio per tutte le nazioni e per tutti i climi.” 
              Gli amici di Le Corbusier abbandonarono queste idee “futuristiche”  dicendo:<tutto questo vale per l’anno 2000>. Sembra che avessero  ragione. Per molti aspetti il nostro mondo è il mondo di Le Corbusier. Da  Rangoon a Reykjavik la ‘taglia unica’ per tutti gli edifici applica “l’estetica  dell’ingegnere” per dominare le regole del mondo naturale. Per quanto  edificante potesse essere per lo spirito di Le Corbusier, sta diventando sempre  più evidente che gli edifici concepiti come macchine impoveriscono la diversità  culturale e deprivano i suoi abitanti delle meraviglie e dei piaceri della  natura. 
              Che cosa succederebbe se gli edifici fossero vivi? Se  le nostre case e i nostri luoghi di lavoro fossero come gli alberi, cioè organismi  viventi che partecipano, in modo produttivo, al loro ambiente? Immaginate un  edificio immerso nel paesaggio, che cattura l’energia del sole, sequestra il  biossido di carbonio e produce ossigeno. Immaginate delle paludi e dei giardini  botanici che recuperano i nutrienti dall’acqua di scarico che scorre nel sito.  Aria fresca, piante che fioriscono e luce naturale ovunque. Bellezza e  benessere per tutti gli abitanti. Un tetto coperto di terra e sedum che assorbono l’acqua piovana.  Uccelli che nidificano su una superficie verdeggiante. Insomma, un sistema che  sostiene la vita in armonia con i flussi dell’energia, con lo spirito umano e le  altre cose viventi. Altro  che macchina. Ma non è fantascienza. Gli edifici come  alberi, sebbene siano pochi, esistono già. Perciò, quando indaghiamo il futuro,  le prospettive relative agli edifici e alle città, ai territori insediati o non  insediati, vediamo emergere una nuova sensibilità per cui abitare un luogo  diventa una partecipazione attenta e piacevole. Questa prospettiva è, allo  stesso tempo, rigorosa e poetica. E’ costruita sui principi del progetto  ispirati alle leggi della natura. Si realizza immergendosi nella vita di un  luogo per scoprire i materiali e le forme più adatti e più belli. E’ un  progetto estetico che scaturisce sia dalla poetica della scienza che dalla  poetica dello spazio. Speriamo  che sia la strategia del progetto del futuro. 
            La foglia umana. 
              Se  si  espande la definizione compressa  della formula E=MC2 di Einstein, si  trova la poesia, la bellezza, la forma dinamica dell’universo. Seguendo la  guida inimitabile di Einstein, vediamo nella equazione E=MC2 una specie di koan. E è l’energia del sole- fisica e  movimento dei pianeti; M è la massa  della terra- chimica; quando le due interagiscono alla velocità della luce,  fiorisce la biologia e noi celebriamo il suo sviluppo- la nascita degli alberi,  delle piante, del cibo, della biodiversità e di tutti i cicli della natura  alimentati dal sole. La buona crescita. E quando i sistemi umani sostengono la  salute ecologica, anche questa è buona crescita. Applicate al progetto, le  leggi della natura forniscono agli architetti, ai designer e agli urbanisti,  una serie di principi che consentono di articolare nella forma le connessioni  di un edificio o di una città con un particolare luogo. Ci  consentono di creare edifici che facciano  diventare l’energia del sole parte del nostro metabolismo e di impiegarla per  scopi umani positivi- l’edificio come “foglia umana.” I  principi, illustrati dalla vita di un albero  sono: 
            
              
                - Rifiuti= cibo. I processi  di ciascun organismo di un sistema vivente contribuiscono alla salute dell’insieme:  i fiori di un albero da frutto cadono sul terreno e si decompongono diventando  cibo per altre specie viventi. I batteri e i fughi si nutrono dei rifiuti organici  sia degli alberi che degli animali che mangiano i suoi frutti, depositando i  nutrienti nel terreno in una forma pronta perché l’albero possa  assorbirli e trasformarli in nuova crescita. I rifiuti di  un organismo diventano cibo per un altro. Applicati all’architettura, questi cicli  di nutrienti “cradle to-cradle” servono anche da modello per i sistemi edilizi  che eliminano il concetto stesso di rifiuto. I materiali progettati per essere  usati nei cicli “cradle-to-cradle, ad esempio, possono o essere restituiti in  modo sicuro al terreno oppure essere riutilizzati come materiali di alta  qualità per nuovi prodotti.
 
                - Usare  l’energia proveniente dal sole. I sistemi viventi crescono grazie  all’energia solare. Per semplificare, un albero produce cibo dalla luce del  sole, un elegante ed efficace sistema che usa l’unica fonte eterna di energia.  Gli edifici che sfruttano l’energia solare e l’energia eolica fanno un uso  produttivo e proficuo dei flussi locali di energia.
 
                - Apprezzare la  diversità. “L’albero” fornisce non un solo modello, ma molti. In  tutto il mondo, la fotosintesi e i cicli dei nutrienti, adattati alla località  presentano una straordinaria diversità di forme. Il cipresso calvo, la palma  del deserto, l’abete Douglas fanno pensare   a un insieme di nicchie. Le centinaia di specie di alberi in un unico  acro della foresta meridionale dell’Appalachia, fanno pensare alla diversità di  una singola regione. Gli architetti e gli urbanisti, che applicano una  diversità di soluzioni progettuali, possono creare edifici e città che si  adattino in modo elegante ed efficace nelle loro proprie nicchie.
   
            Affinità  con tutta la vita 
              Man  mano che gli architetti e gli urbanisti   approfondiscono questi principi, che svelano una nuova concezione del  progetto, diventeranno sempre più capaci di creare spazi adatti all’abitare  umano. Emergeranno nuovi riferimenti. Invece di dominare la natura o limitare  l’impatto umano, il buon progetto affermerà la possibilità di sviluppare  relazioni sane e creativamente interattive tra gli insediamenti umani e il  mondo naturale. Ai nuovi riferimenti si accompagneranno nuove applicazioni e un  processo progettuale che oggi è raro, diventerà- come speriamo- la norma.  Gruppi di progettisti in molti luoghi, inizieranno con l’accertamento dei  sistemi viventi nel luogo- la morfologia dei terreni, l’idrologia, la  vegetazione e il clima. Si documenteranno sulla storia naturale e culturale,  analizzeranno le risorse energetiche, esploreranno i cicli della luce solare,  dell’ombra e dell’acqua, studieranno l’architettura vernacolare della regione e  la vita della fauna locale, dei fiori e delle erbe. Mettendo insieme la  conoscenza dei sistemi edilizi ed energetici, e i risultati delle loro analisi,  scopriranno i modelli più appropriati allo sviluppo del paesaggio. I materiali  costruttivi verranno selezionati con la stessa attenzione soltanto dopo una  accurata valutazione delle varie caratteristiche, dalla composizione chimica  all’impatto della loro lavorazione e dell’uso. Potremmo anche aspettarci una  forte crescita di prodotti industriali destinati all’architettura, di pari  passo con l’adozione, da parte dei costruttori, di sistemi riciclabili a ciclo  chiuso per gestire in modo efficace i flussi dei materiali. Con questa  attenzione alla sostenibilità e al miglioramento delle qualità del paesaggio,  dell’architettura e della comunità, i progetti cominceranno a generare impronte  ecologiche benefiche, più habitat, più paludi e acqua pulita e non  semplicemente una minore quantità di emissioni negative. Vedremo edifici come  alberi, vivi nel loro ambiente e tra i suoi abitanti, e città come foreste dove  la natura e il progetto creano un habitat vivo e che respira. La rete vitale  del paesaggio connetterà le comunità, collegando le foreste urbane ai quartieri  della città e alle aree boschive più  lontane. 
              Le  città, grandi e piccole, verranno modellate e coltivate dalla conoscenza della  loro singolare matrice evolutiva, da un nuovo senso di identità naturale e  culturale che porterà alla crescita della salute, della diversità e del piacere,  preparando il terreno ad una prosperità a lungo termine. Cambiamenti come  questi, molti dei quali già in preparazione, sono il segno di una nuova epoca  piena di speranza. Infine, ci saranno sempre più luoghi che onorano non  soltanto l’ingegno dell’uomo ma anche l’armonia con  la squisita intelligenza della natura. E  quando tutto ciò sarà diventato il riferimento del buon progetto, ci saremo  lasciati dietro il secolo della macchina e avremo cominciato a celebrare la  nostra affinità con tutta la vita. 
 
               
              testo originale 
 
             
            
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