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            Summit  mondiale sullo sviluppo sostenibile  
              Documento presentato da Daisaku Ikeda, 2002  Johannesburg   
              Tratto da Buddismo  e Società n.94, settembre ottobre 2002 
               
              La necessità di cambiare 
              Sono ormai passati dieci anni dal Summit della terra tenuto a Rio de Janeiro in  Brasile, evento che ha portato a una maggiore consapevolezza della necessità di  proteggere l’ambiente. Da allora il termine “sviluppo sostenibile” è diventato  parte integrante del nostro vocabolario. In generale, però, gli accordi  raggiunti a Rio non sono stati mantenuti e il progresso raggiunto non riesce a  tenere il passo con il degrado della terra. Risulta chiaro che non possiamo  permettere che questa situazione continui nel XXI secolo. 
              La risoluzione della crisi ambientale richiederà l’investimento di sempre  maggiori conoscenze, tecnologie e fondi. Ma gli elementi fondamentali che a mio  parere più fanno difetto sono la solidarietà e la coscienza di uno scopo comune tra gli abitanti della terra e il senso di responsabilità verso le generazioni  future. 
              Lo scorso giugno ho avuto la possibilità di incontrare Tommy E. Remengesau Jr.,  presidente della Repubblica di Palau, un arcipelago di isole spesso descritte  come gioielli dell’Oceano Pacifico. In quella occasione abbiamo parlato della  crisi ambientale e il presidente Remengesau ha espresso le proprie  preoccupazioni a questo riguardo. «Il riscaldamento globale – ha affermato – è  una questione molto sentita dalla popolazione di Palau. Il livello dell’oceano  è aumentato e l’acqua salata sta invadendo le falde acquifere. La bellezza naturale  delle nostre isole è minacciata. El Niño ha provocato una scarsità di  precipitazioni piovose e il processo di distruzione della barriera corallina  sta avanzando. A causa dell’aumento della temperatura dell’acqua, il corallo si  sbianca e muore…». Il presidente ha inoltre detto che il suo paese si sta  impegnando per la ricerca e la conseguente introduzione di fonti alternative di  energia per ridurre i gas di scarico. I tempi richiedono questo tipo di  risposte attive – il rifiuto di essere osservatori passivi o vittime delle  circostanze – sia in ambito governativo sia in quello della società civile. 
              Nel film 'Una rivoluzione silenziosa', prodotto dal Consiglio della terra per il  Summit mondiale sullo sviluppo sostenibile (WSSD), vengono presentati diversi esempi  di questo modo di agire, come le risposte al problema delle risorse idriche nel  villaggio di Nimi in India, alla minaccia di sostanze inquinanti organiche nel  lago Zemplinska Sirava in Slovacchia e alla deforestazione contro la quale  protestano le donne in Kenya. La   Soka Gakkai Internazionale ha partecipato alla produzione del  film condividendone gli obiettivi, perché crediamo che il messaggio di questa  opera, secondo il quale ogni individuo può cambiare il mondo, infonda il  coraggio e la speranza necessari in questo periodo così difficile. 
              Uno degli scopi del WSSD è quello di redigere e adottare un piano di attuazione  che possa servire come riferimento di base per trasformare  il XXI secolo in un’epoca di coesistenza creativa tra gli esseri umani e la  natura. Il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan ha  affermato che il Summit sarà una prova decisiva per la determinazione dei paesi  ad agire. Il successo dell’incontro dipenderà dall’evoluzione di un dialogo  costruttivo che trascenda gli interessi conflittuali delle nazioni e miri al  bene dell’intero pianeta e dell’umanità. 
              Come parte dei nostri sforzi a sostegno del WSSD ho presentato, in una proposta  scritta qualche tempo fa, tre suggerimenti per una possibile riforma del  sistema internazionale relativamente alla salvaguardia del nostro pianeta. Il  primo è la nomina di un Alto commissario delle Nazioni Unite per l’ambiente a  guida di iniziative per i problemi ambientali globali. Il secondo è il  consolidamento graduale dei segretariati per la supervisione della messa in  atto dei trattati per l’ambiente, collegati all’istituzione di un fondo globale  verde. Il terzo è l’adozione di una convenzione per promuovere le risorse di  energia rinnovabile. 
              Allo stesso tempo ho sottolineato la necessità di una maggiore consapevolezza e  di una trasformazione del modo di considerare l’ambiente. Oltre alle riforme  “dall’alto verso il basso” – come le misure istituzionali e legali sopra  delineate – una soluzione duratura richiede riforme adeguate dal “basso verso  l’alto”, cioè a partire dalla gente comune. Questi sono prerequisiti per il  cambiamento su scala globale. In questa proposta desidero mettere a fuoco la  questione di come costruire una solidarietà popolare a livello globale per una  risoluzione della crisi ambientale. 
               
              Il decennio internazionale  dell’educazione per lo sviluppo sostenibile 
              L’educazione riveste un ruolo di vitale importanza nel  far sì che le persone possano considerare i problemi dell’ambiente come una  preoccupazione personale e per armonizzare i loro sforzi per costruire un  futuro comune. L’educazione è l’unica risorsa in grado di fornire la forza  motrice per un simile rinnovamento delle coscienze. A questo scopo la SGI ha proposto l’istituzione  a livello internazionale di un decennio dell’educazione per lo sviluppo  sostenibile, a partire dall’anno 2005, che faccia seguito a quella dedicata  dalle Nazioni Unite ai diritti umani. Gli obiettivi di questa iniziativa sono  la promozione dell’educazione, fondamentale per la creazione di una società sostenibile,  e il rafforzamento della cooperazione internazionale per una maggiore  informazione sull’ambiente. In uno degli incontri di preparazione del Summit di  Johannesburg (WSSD PrepCom IV) svoltosi in Indonesia lo scorso giugno questa  proposta è stata inclusa nel progetto di realizzazione. 
              L’importanza dell’educazione per lo sviluppo sostenibile era stata chiaramente  affermata nel piano di azione – Agenda 21 – adottato in occasione del Summit  della terra di Rio. Il concetto chiave è la sostenibilità, come enfatizzato  anche dalla Dichiarazione di Salonicco del 1997: «Il concetto di sostenibilità  comprende non solo l’ambiente ma anche la povertà, la popolazione, la salute,  la sicurezza sul cibo, la democrazia, i diritti umani e la pace». Il problema  ambientale è strettamente legato a tali questioni, la cui risoluzione richiede  una rielaborazione del nostro modo di vivere come individui, come società e in  termini di civiltà umana. 
              Per questo motivo penso che il decennio per  l’educazione allo sviluppo sostenibile dovrebbe essere promosso tenendo  presente i seguenti tre scopi: 
              - conoscere e approfondire la nostra consapevolezza delle questioni e delle  realtà ambientali; 
              - riflettere sulle nostre modalità di vita, rinnovando quelle a favore della  sostenibilità; 
              - dare alle persone il potere (to empower) di intraprendere azioni concrete  dirette alla risoluzione delle questioni che stiamo affrontando. 
               
              Conoscere 
              È essenziale approfondire la comprensione e la consapevolezza. Tutto ha avuto  inizio da fatti come la deforestazione, l’aumento dell’inquinamento dell’aria,  dell’acqua e del suolo e l’impatto di tutto ciò sull’ecosistema globale. 
              Si devono inoltre capire le cause e le strutture sociali all’origine della  distruzione ambientale. E infine è necessario comprendere a fondo le realtà di  chi soffre, abbracciando la loro sofferenza come se fosse la nostra,  consapevoli del legame che ci unisce. Un simile sforzo darà origine a ulteriore  consapevolezza e determinazione ad agire. 
              È di vitale importanza includere questi temi nel curriculum dei primi anni di  scuola, periodo in cui i bambini, sviluppando sensibilità, immaginazione e  creatività, raggiungono i massimi livelli di apprendimento. Alcuni paesi già  promuovono l’educazione ambientale come parte integrante del programma scolastico.  Curare nei bambini il desiderio di proteggere la terra e il rispetto della  natura è un passo vitale per salvaguardare il nostro futuro. 
              Nella scuola media Soka del Kansai gli studenti sono stati coinvolti in  un’esperienza di apprendimento – le riprese della terra dallo Space Shuttle e  dalla stazione spaziale internazionale – partecipando così al programma  Earthcam della NASA. In quanto fondatore della scuola mi sono commosso  all’impatto educativo dei bambini che hanno potuto avere una prova visiva diretta  della crisi dell’ambiente a livello globale. 
              Da alcuni anni ho proposto un Summit mondiale degli educatori a cui dovrebbero  partecipare non solo i responsabili della politica educativa di ciascun paese,  ma anche quanti sono impegnati in prima linea sul fronte educativo. Inaugurando  il decennio dell’educazione (2005) con una conferenza internazionale, gli  educatori di tutto il mondo avrebbero l’occasione di scambiare idee ed  esperienze in questo campo. 
              Allo stesso tempo avrebbe particolare importanza lo sviluppo, da parte di  movimenti a livello locale, di opportunità che incoraggino una maggiore  comprensione della crisi ambientale globale. A questo scopo la SGI ha organizzato una mostra  dal titolo 'Verso un secolo di speranza: ambiente e sviluppo in occasione del  Summit della terra di Rio'. La   Soka Gakkai USA e quella giapponese sono state promotrici  delle mostre itineranti rispettivamente su “Ecologia e vita Umana” e “EcoAid”.  Questi impegni, realizzati grazie alla cooperazione con altre ONG, sono diretti  a contribuire all’educazione pubblica, approfondendo la consapevolezza della  gente comune. 
               
              Riflettere 
              Non solo è importante ottenere una maggiore e più  accurata informazione, ma è anche fondamentale chiarire i valori etici da noi  condivisi. Ciò diventa vitale nel caso delle questioni ambientali che, per loro  vastità e portata, possono disorientare le persone riguardo ai passi concreti  da intraprendere. Per contrastare questo senso di impotenza l’educazione  dovrebbe incoraggiare la comprensione di come i problemi ambientali siano  intimamente connessi alla nostra vita quotidiana. L’educazione deve ispirare in  ciascuno di noi la convinzione di avere il potere e la responsabilità di  apportare un cambiamento positivo su scala globale. 
              La Dichiarazione di Salonicco afferma che «la sostenibilità è, in ultima  analisi, un imperativo etico e morale in cui si devono rispettare la diversità  culturale e la conoscenza tradizionale». Si può imparare dall’eredità  spirituale e dalle diverse tradizioni culturali, patrimonio di tutta l’umanità.  Da queste si possono trarre preziose lezioni e intuizioni filosofiche su come  vivere meglio. 
              La Carta della Terra, la cui redazione è stata promossa dal segretario generale  del Summit della terra, Maurice Strong, e dal presidente della Croce verde  internazionale Michail Gorbaciov, unisce queste diverse fonti di saggezza.  
              I  suoi quattro capisaldi sono:  
              1) il rispetto per la vita,  
              2) l’integrità  ecologica,  
              3) la giustizia economica e sociale,  
              4) la democrazia, la  non-violenza e la pace. 
               
              La Carta  della Terra offre una panoramica dei valori e dei principi necessari per un  futuro sostenibile e per questo motivo è un’inestimabile risorsa educativa. 
              Oltre al contenuto, è significativo il modo in cui questa “carta del popolo” è  stata elaborata. Nella sua redazione sono state incluse la saggezza e le  tradizioni di tutte le regioni della terra. La lingua in cui redigere il  documento è stata decisa pazientemente sia da esperti sia da persone comuni.  Oggi la Soka Gakkai  sta svolgendo workshop e conferenze in tutto il mondo nello sforzo di  promuovere e diffondere i principi della Carta della Terra tra la gente. Spero  che si facciano altrettanti sforzi per imparare dalla Carta attraverso  programmi che uniscano i suoi principi alle questioni specifiche delle diverse  comunità e delle loro scuole. 
              Uno dei temi su cui si fonda il Kenya’s Green Belt Movement (Movimento per la  fascia verde sorto in Kenya) è che il deserto non ha origine nel Sahara ma nei  nostri cortili. Seguendo il proprio senso di responsabilità verso il futuro, le  mamme e i bambini coinvolti nel movimento hanno piantato e curato la crescita  di venti milioni di alberi. So che i bambini che hanno partecipato a questa  iniziativa si sono divertiti in una sorta di gara amichevole, riponendo tutto il  loro amore verso gli alberelli e aspettando di vedere quale sarebbe cresciuto  prima. Questo tipo di impegno è davvero significativo perché è proprio  attraverso queste esperienze che le persone – e in modo particolare i giovani –  vengono in contatto con le realtà concrete della loro comunità, affinando la  propria consapevolezza sull’ambiente. Il fondatore della Soka Gakkai,  l’educatore giapponese Tsunesaburo Makiguchi (1871-1944), paragonò la comunità  locale a una miniatura, mettendo in rilievo l’importanza di un apprendimento  ben radicato nella propria comunità – luogo in cui la storia, la natura e la  società si incontrano – perché i bambini schiudano gli occhi al mondo. 
              Credo che questo movimento ciclico – la visione del mondo dalla prospettiva  della comunità locale e quella della comunità attraverso le lenti del mondo –  sia essenziale al fine di sviluppare una comprensione etica e apprezzare la  natura così radicata nella realtà quotidiana. 
               
              Dare potere alle persone 
              In terzo luogo si devono infondere coraggio e speranza alle persone affinché  siano capaci di intraprendere i primi passi concreti. Qualsiasi accordo si  possa raggiungere sui modelli etici o comportamentali da seguire, se questi non  vengono realizzati nella vita delle persone la realtà che stiamo affrontando  non cambierà. In altre parole, se l’etica viene considerata solo come un  insieme di regole da seguire passivamente perché imposte dall’esterno, senza  nessun legame con la propria vita individuale, essa non ci aiuterà a cambiare  le circostanze. Anzi sarà abbandonata alla prima crisi. 
              Per questo motivo l’etica ambientale deve essere sentita come un impegno  personale, il cui adempimento deve portare a un immenso senso di gioia e  determinazione. 
              In questo periodo sono impegnato in un dialogo con la dottoressa Hazel  Henderson, economista ambientale e futurologa. Ella mi ha parlato della sua  decisione ad agire spinta dal desiderio di proteggere sua figlia dai pericoli  dell’inquinamento. «La maggior parte delle persone che si sono impegnate nella  campagna “Cittadini per l’aria pulita” sono madri» ha detto. «Dal momento che  sapevamo quanto impegno ci volesse per far crescere un bambino, desideravamo  che i nostri figli avessero il migliore futuro possibile. Ripensandoci è  proprio questo desiderio che ci ha dato la forza di resistere a tutti i tipi di  persecuzione e andare fino in fondo nella lotta». 
              Perché sia efficace, l’etica deve essere fondata su questo tipo di sentimento:  l’irrefrenabile impulso che ci spinge ad agire quando vediamo che le persone e  il mondo che amiamo sono in pericolo. Un’etica così attiva appartiene alla  nostra umanità. 
              Quali sono dunque i valori che possono servire a unire fra loro le persone  comuni? Quello fondamentale è il rispetto per la vita, che può risvegliare le  persone al legame con tutti gli esseri viventi e al senso di continuità con le  future generazioni. 
              Tali valori fanno parte delle tradizioni culturali fin dai tempi più antichi,  sono stati trasmessi e sono ancora presenti presso molte culture indigene.  L’umanità dovrebbe umilmente attingere a questa saggezza vivente. I Desana  dell’Amazzonia, ad esempio, dicono che gli esseri umani non possono vivere  isolati ma la loro prosperità dipende da una coesistenza armoniosa con il loro  ambiente. Gli Irochesi del Nord America ci esortano a prendere decisioni  tenendo in considerazione «non solo il presente ma anche le future generazioni,  persino quelle il cui viso non ha visto la terra perché ancora non nate». Da  questo punto di vista, tutti gli animali e le piante sono considerati nostri  simili. 
               
              Un modo di vivere “contributivo” 
              Questo rispetto per la vita è messo in rilievo anche in molte religioni. In uno  scritto della tradizione buddista, sulla quale si fondano le attività della  SGI, si dice: «Che tutti gli esseri, quelli visibili e quelli che non possono  ancora essere visti, quelli che sono nati e quelli che desiderano ancora  nascere, possano tutti godere della felicità!». 
              Queste parole appartengono a una filosofia secondo la quale tutta la vita è  interconnessa, si sostiene mutuamente, in una relazione definita dal Buddismo  come “origine dipendente”. Il punto chiave qui è comprendere che il desiderio  di felicità è al centro della nostra interconnessione. Per questo motivo gli  insegnamenti buddisti danno particolare risalto al nostro ruolo di protagonisti  di un cambiamento positivo. Pur riconoscendo l’influenza dell’ambiente su di  noi, si focalizza l’attenzione sul nostro impegno cosciente e attivo nei  confronti dell’ambiente e delle altre forme di vita. La potente volontà che  promuove il processo di cambiamento trae origine dall’interesse e dalla  compassione che siamo capaci di provare per gli altri. 
              Attraverso il dialogo e l’impegno facciamo emergere in noi e nelle vite altrui  un profondo senso di determinazione e gioia, iniziando così un processo di  cambiamento fondamentale che risveglia un senso di identità più ampio – il  nostro “grande io”. Scopo ultimo delle attività della SGI è determinare –  iniziando con una riforma o “rivoluzione umana” a livello individuale – il  fiorire universale di una filosofia di vita fondata sul rispetto. 
              Nel suo libro 'Il sistema della pedagogia creatrice di valore', scritto nel 1903,  Tsunesaburo Makiguchi esortò a una trasformazione fondamentale della qualità di  vita delle persone. Egli biasimava la dipendenza e la passività e dichiarò che  anche l’attività e l’indipendenza risultano insufficienti, richiamando invece  l’attenzione su un tipo di esistenza fondata sull’interdipendenza e  l’interazione, un tipo di vita “contributivo”. 
              Un’esistenza passiva e dipendente è in balia delle circostanze perché difetta  di un chiaro e definito senso di sé. D’altra parte, con l’indipendenza si può  manifestare la propria individualità a discapito, però, della consapevolezza  della realtà e delle necessità degli altri. Al contrario, un modo di vivere  “contributivo” si basa sulla consapevolezza della natura interdipendente delle  nostre esistenze, delle relazioni che ci uniscono gli uni agli altri e al  nostro ambiente. È un tipo di vita in cui ci impegniamo attivamente per realizzare  la nostra e l’altrui felicità.  
              Questo modo di vivere è centrato sul concetto di empowerment (dare potere,  rendere capaci), in particolare attraverso il dialogo che stimola l’immenso  potenziale interiore, ispirando la gente a lavorare insieme per la pace e la  felicità di tutta la comunità globale. 
              Nulla è più importante oggi di una educazione umanistica che permetta di  sentire la realtà dell’interconnessione al fine di apprezzare l’infinito  potenziale presente nella vita di ciascuno e coltivarne appieno le qualità  umane sopite. 
              Mi vengono in mente le parole di Aurelio Peccei, co-fondatore del Club di Roma,  che nel suo rapporto 'I limiti dello sviluppo' (The Limits to Growth) ha  risvegliato il mondo alla crisi ambientale. In occasione di un nostro incontro  Peccei ha affermato: «La gamma di capacità ancora dormienti in ciascun  individuo è così grande che queste possono essere trasformate nella più grande  risorsa umana. Solo sviluppando tali capacità, adeguate alla nostra nuova  condizione nel mondo attuale, potremo porre ordine e armonia nelle nostre vite  e nella relazione con la natura, progredendo verso il futuro». 
              Per quanto complesse possano sembrare le questioni a livello globale, non  dobbiamo dimenticare che siamo noi ad averle create. Dunque è impossibile che  la loro soluzione sia al di là del nostro potere di esseri umani. Dobbiamo  ripartire dalla nostra umanità, riformando e facendo emergere le nostre  capacità: questo tipo di rivoluzione umana individuale può portare a  un’effettiva riforma su scala globale. 
               
              Per esprimere i miei sentiti auguri per il successo del WSSD desidero  condividere con voi alcuni versi della mia amica Esther Gress (1921-2002), la  poetessa danese da poco scomparsa: 
              Se vuoi cambiare il mondo 
              Devi cambiare l’essere umano. 
              Se vuoi cambiare l’essere umano 
              Devi far sì che voglia cambiare.  
               
              Desidero inoltre offrirvi queste parole di  Ben Okri, famoso scrittore nigeriano, tratte da una poesia dedicata al nuovo  secolo: 
              Non puoi ricostruire il mondo  
              Senza ricostruire te stesso. 
              Ogni nuova era inizia dall’interno. 
              È un evento intimo, con sorprendenti possibilità 
              per una liberazione interiore.             
             
            
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