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            QUALITATIVE GROWTH 
              di Fritjof Capra e  Hazel Henderson,  2009 
              traduzione di Franca Bossalino 
            Una struttura concettuale per trovare  soluzioni alla crisi attuale che siano economicamente sane, ecologicamente  sostenibili e socialmente giuste. 
               
              La  attuale recessione globale ha conquistato il primo posto nelle news fin  dall’inizio dell’anno. Ogni giorno  veniamo a sapere che la gente compra sempre  meno automobili, che le fabbriche produttrici di attrezzature e veicoli  sportivi chiudono, che il consumo di petrolio (e anche il costo) diminuisce  drammaticamente, che i negozianti al dettaglio si lamentano perché i  consumatori spendono sempre meno negli articoli di lusso e via dicendo. 
              Da  un punto di vista ecologico, sono buone notizie, dal momento che la continua  crescita del consumo di questo genere di materiali su un pianeta finito può  portare soltanto a una catastrofe. Tuttavia, emerge un contraddittorio  “paradosso dell’economia”. Per esempio, i 787 miliardi di dollari del piano di  incentivi del Presidente Obama, è stato pensato per aumentare il livello dei  consumi, sia nel settore pubblico che in quello privato e, allo stesso tempo,  l’aumento dei risparmi è auspicabile per contenere il deficit.  Contemporaneamente, giorno dopo giorno, veniamo a conoscenza di aziende che  rispondono alla diminuzione delle loro vendite riducendo la forza lavoro,  piuttosto che riducendo i loro profitti o andare in perdita. Pertanto, se ogni  diminuzione del materiale consumato è - ecologicamente parlando- una buona  notizia-  implica, tuttavia, una  sofferenza umana, perché l’occupazione diminuisce. Nel contempo, più di due  miliardi di persone che non consumano vengono ulteriormente deprivati della  crescita economica convenzionale, dal libero mercato e dalla globalizzazione. Sembra  che la nostra sfida cruciale sia quella di passare  da un sistema economico basato sulla nozione di crescita illimitata a un  sistema economico sostenibile ecologicamente e socialmente giusto. 
  “Niente crescita” non è la  risposta. La crescita è una caratteristica essenziale di tutta la vita; una  società o un’economia che non crescono, prima o poi muoiono. Nella Natura, la crescita, comunque, non è lineare e illimitata. Mentre  certe parti di un organismo, o di un ecosistema crescono, altre deperiscono  rilasciando e riciclando i loro componenti che diventano risorse per una nuova  crescita. 
              In  questo saggio, vogliamo definire e descrivere questo genere di crescita  equilibrato e sfaccettato, ben noto ai biologi e agli ecologi, i cui  principi  si applicano all’economia e, in particolare,  all’attuale crisi economica. Proponiamo di usare il termine “crescita qualitativa” in  contrapposizione al concetto di  “crescita quantitativa” usato dagli  economisti. 
              L’abitudine  degli economisti ad equiparare la crescita con il “progresso” è stata criticata  dagli ambientalisti, dagli ecologi, e dai gruppi di cittadini che si battono  per la giustizia sociale. Al secondo Summit  delle Nazioni Unite di Rio de Janeiro nel 1992, più di170 governi sono stati d’accordo sulla necessità di  correggere la visione della crescita “quantitativa”, lanciando una sfida agli  economisti. Questa sfida è stata ignorata fino a tempi recenti, poiché  richiedeva che le compagnie e le agenzie governative includessero nel loro  bilancio i costi sociali e ambientali che solitamente vengono “esternalizzati”. Le preoccupazioni sul  cambiamento climatico globale si stanno concentrando sulla “internalizzazione” di tali costi.    
   
  Il PIL (prodotto interno lordo)  
  La maggior parte degli  economisti ancora misura la ricchezza di un paese in termini di PIL in cui  tutte le attività economiche associate ai valori monetari vengono sommate  indiscriminatamente, mentre tutti gli aspetti non-monetari dell’economia  vengono ignorati. I costi sociali, come quelli degli incidenti, delle guerre,  dei litigi e della salute vengo sommati come contributi positivi al PIL e la  crescita indifferenziata di questo grezzo indice quantitativo viene considerato  il segno di una economia ”in buona salute”. L’idea che la crescita possa essere  un impedimento, possa essere malata o patologica viene raramente preso in  considerazione dagli economisti, nonostante siano stati criticati per decenni. 
  L’obiettivo della  maggioranza delle economie nazionali è di raggiungere una crescita illimitata  del PIL attraverso la continua accumulazione di beni materiali e l’espansione  dei servizi. La super-espansione dei servizi finanziari,  in particolare, è un parassita dell’economia  reale e ha portato all’attuale collasso. Poiché i bisogni umani sono limitati, mentre  l’avidità umana non lo è, la crescita economica può essere mantenuta attraverso  la creazione artificiale dei bisogni, per mezzo della pubblicità. I beni  prodotti e venduti in questo modo, sono spesso non-necessari e, perciò, sono  essenzialmente spreco. Per di più, l’inquinamento e il depauperamento delle  risorse naturali generati da questo spreco enorme di beni non-necessari è  esacerbato dallo spreco di energia e di materiali in processi di produzione  inefficienti. Il riconoscimento   dell’errore del concetto tradizionale della crescita economica, che fu messo  in evidenza da uno di noi già nel 1971, è il primo passo per il superamento  della crisi economica. L’attivista del cambiamento sociale Frances Moore Lappè  aggiunge: <Dal momento che quello che chiamiamo “crescita” è per lo più  spreco, chiamiamola così! Chiamiamola economia  dello spreco e della distruzione. Definiamo la crescita come quella che  migliora la vita- come generazione e ri-generazione- e dichiariamo che è quello  di cui il pianeta ha più bisogno.> Questa nozione di “crescita che migliora la vita” è quello che intendiamo per crescita qualitativa- una crescita che  migliora la qualità della vita. Negli organismi viventi, negli ecosistemi e nelle  società, la crescita qualitativa consiste nell’aumento della complessità, della raffinatezza e della maturità.  Al fine di arrivare a una piena comprensione dei concetti di crescita  quantitativa e crescita qualitativa, sarà utile ricordare i ruoli che le  quantità e le qualità hanno avuto nella storia della scienza occidentale.  
   
  Quantità e qualità nella  scienza occidentale 
              All’alba  della scienza moderna, nel Rinascimento, Leonardo  da Vinci dichiarò che il pittore, “con speculazione filosofica e sottile  considera tutte le qualità della forma”. Sostenne che l’arte o l’abilità nel  dipingere deve essere sostenuta dalla scienza  del pittore cioè dalla conoscenza delle forme viventi, per mezzo della sua  comprensione intellettuale della loro intrinseca natura e dei suoi principi  fondamentali. 
              La  scienza di Leonardo, come quella di Galileo cento anni dopo, era basata  sull’osservazione sistematica della natura, sul ragionamento e la matematica-  l’approccio oggi conosciuto come metodo scientifico- ma i suoi contenuti erano  del tutto differenti dalla scienza meccanicistica sviluppata da Galileo,  Cartesio e Newton. Era una scienza delle forme organiche, di qualità, di modelli di organizzazione e di processi  di trasformazione.  
              Nel  XVII secolo, Galileo postulò che,  per essere efficaci nel descrivere la natura matematicamente, gli scienziati  dovevano limitarsi allo studio di quelle proprietà dei corpi materiali- forme,  dimensioni e movimento che potevano essere misurate e quantificate. Le altre  proprietà, come il colore, il suono, il gusto o l’odore, erano puramente  proiezioni soggettive che dovevano essere escluse dal dominio della scienza. La  strategia di Galileo di dirigere l’attenzione dello scienziato verso le  proprietà quantificabili della materia ha avuto molto successo nella fisica  classica, ma a un prezzo molto alto. 
              Durante  i secoli che seguirono, l’attenzione  alle quantità venne estesa dallo studio della materia a tutti i fenomeni  naturali e sociali, all’interno della struttura meccanicistica della visione  del mondo della scienza di Cartesio e  di Newton. 
              Escludendo  il colore, il suono, il gusto, il tatto e l’odorato- non considerando le  qualità più complesse come la bellezza, la salute o la sensibilità etica-  l’enfasi sulla quantificazione ha impedito  agli scienziati, per alcuni secoli di comprendere molte proprietà essenziali  della vita. Nel  XX secolo, l’approccio limitato meccanicistico  e quantitativo ha interferito notevolmente nello sviluppo della biologia, della  psicologia e delle scienze sociali. 
              Gli  ultimi tre decenni, comunque, hanno visto rinnovarsi l’attenzione alla qualità.  Durante questi decenni, è emersa nella scienza   una nuova concezione sistemica della vita che presenta molte similitudini sorprendenti con la visione di  Leonardo di 500 anni fa. 
              Oggi,  l’universo non è più considerato una macchina composta da parti indipendenti.  Abbiamo scoperto che il mondo materiale,  in ultima analisi, è una rete di modelli  inseparabili di relazioni; che il pianeta nella sua totalità è un sistema  vivente che si auto-regola.  
              La  visione del corpo umano come macchina, e della mente come entità separate, viene  sostituito da una visione che vede non solo il cervello, ma anche il sistema  immunitario, i tessuti corporei e perfino la singola cellula come un sistema  vivente cognitivo. 
  L’evoluzione non è più considerata  una lotta  per l’esistenza, ma una danza  collettiva in cui la creatività e la continua emergenza di innovazione sono le  forze trainanti. E con la nuova enfasi sulla complessità, sulle reti e sui modelli  di organizzazione, una nuova scienza  della qualità sta lentamente emergendo. 
   
  La natura della  qualità 
              La  nuova concezione sistemica della vita rende possibile formulare una definizione  scientifica di qualità. Infatti, sembra che ci siano due significati differenti  del termine- uno oggettivo e l’altro, soggettivo. In senso oggettivo, le  qualità di un sistema complesso si riferiscono alle proprietà del sistema che  nessuna delle sue parti esibisce. 
  Le quantità, come la massa o l’energia, descrivono le proprietà delle parti e ci dicono che la loro  somma totale è uguale alla corrispondente proprietà dell’insieme, per esempio,  della massa totale o dell’energia. 
  Le qualità, come lo  stress o la salute, al contrario, non possono essere espresse come la somma  delle proprietà delle parti. Le qualità  nascono dai processi e dai modelli di relazione tra le parti. Di  conseguenza, non possiamo conoscere la natura dei sistemi complessi, come gli  organismi, gli ecosistemi, le società e le economie, se cerchiamo di  descriverle in termini puramente quantitativi. Le quantità possono essere misurate, le qualità debbono essere graficizzate. 
              Allo  spostarsi dell’attenzione dalle quantità alle qualità, nelle scienze della  vita, ha corrisposto uno spostamento concettuale nella matematica. E’ cominciato  nella fisica negli anni ’60 con una particolare enfasi sulla simmetria-  che è una qualità-  e che si è intensificata nei decenni seguenti  con lo sviluppo della teoria della  complessità, o dinamica non-lineare, che è una matematica di modelli e di  relazioni. Gli strani attrattori della teoria  del caos e i frattali della geometria  dei frattali sono modelli visuali che rappresentano le qualità dei sistemi complessi. 
  Nella sfera umana, la nozione di  qualità sembra sempre includere riferimenti alle esperienze umane, che sono  aspetti soggettivi. Per esempio, la qualità della salute di una persona può  essere attestata in termini di fattori oggettivi, ma include un’ esperienza  soggettiva del benessere come elemento significativo. Similmente, la qualità di  una relazione umana deriva in larga misura dalle mutue esperienze soggettive.  La qualità estetica di un’opera d’arte, come si dice, sta nell’occhio  dell’osservatore.  
  Poiché tutte le qualità hanno  origine dai processi e dai modelli di relazione, quando questi processi e  queste relazioni coinvolgono gli esseri umani, includono necessariamente gli  elementi soggettivi. 
              Di  conseguenza, molti dei nuovi indicatori del progresso di un paese, usano approcci sistemici multi-disciplinari con appropriate metriche per misurare i molti aspetti della qualità della vita.  Per esempio, gli Indicatori della  Qualità della Vita (Calvert- Henderson), misurano dodici di questi aspetti  usando i coefficienti monetari solo quando sono appropriati, mentre rifiutano  lo strumento convenzionale della macro-economia, che aggrega in un unico  numero, il PIL, tutti gli aspetti che sono qualitativamente differenti. 
    
  Crescita e  Sviluppo 
              Le  precedenti considerazioni sulle qualità e le quantità si possono applicare al  concetto di crescita qualitativa e al fenomeno dello sviluppo, che è relativo  alla crescita. Come il termine “crescita” anche il termine “sviluppo” viene  usato oggi in due sensi molto differenti- uno qualitativo e l’altro  quantitativo. 
              Per  i biologi, lo sviluppo è una  proprietà fondamentale della vita. Secondo la nuova conoscenza sistemica della  vita, ogni sistema vivente incontra occasionalmente punti di instabilità in cui  si verifica una rottura o più frequentemente l’emergenza spontanea di nuove  forme di ordine. L’emergenza spontanea  della novità è uno dei marchi di fabbrica della vita. E’ stata riconosciuta  come l’origine dinamica dello sviluppo,  dell’apprendimento, dell’evoluzione. In altre parole, la creatività- la generazione di nuove forme- è una proprietà essenziale  di tutti i sistemi viventi. Ciò significa che tutti i sistemi viventi si  sviluppano; che la vita si estende continuamente per creare novità. Il concetto  biologico di sviluppo implica un senso del complesso ‘dischiudersi’ degli  organismi viventi, degli ecosistemi o delle comunità umane che stanno  raggiungendo il loro potenziale. 
              Gli economisti, al contrario, limitano  l’uso del termine ‘sviluppo’ a un‘unica dimensione economica, generalmente  misurata in termini di PIL pro capite. L’immensa  diversità dell’esistenza umana è stata compressa dentro questo concetto  lineare, quantitativo e poi convertita in coefficienti monetari. Perciò, il  mondo intero è stato arbitrariamente categorizzato in paesi “sviluppati”, paesi  “in via di sviluppo” e paesi “sottosviluppati”. Gli economisti hanno riconosciuto soltanto il denaro e i flussi di  contante, ignorando tutte le altre forme di ricchezza fondamentale- tutti i  beni ecologici, sociali e culturali. Sembra chiaro che questa visione  lineare dello sviluppo economico, adottata da economisti e politici, corrisponda  a un concetto  quantitativo della  crescita economica, mentre il senso dello sviluppo biologico ed ecologico  corrisponde alla nozione di crescita qualitativa. Un organismo o un’ ecosistema  cresce secondo i propri stadi di sviluppo. Tipicamente, un organismo giovane  attraverso periodi di rapida crescita fisica. Negli ecosistemi questa fase di  rapida crescita è conosciuta come ‘sistema pioniere’, caratterizzato da una  veloce espansione e colonizzazione del territorio. Questa è sempre seguita da  una crescita più lenta, dalla maturazione e, alla fine, dal declino e decadenza  oppure, negli ecosistemi, dalla cosiddetta successione. Mentre i sistemi viventi maturano, i loro processi di crescita passano  dalla crescita quantitativa a quella qualitativa. 
              Quando  studiamo la natura, possiamo vedere abbastanza chiaramente che la crescita  quantitativa illimitata, promossa con tanto vigore dagli economisti e dai  politici, è insostenibile. Un esempio istruttivo è la  crescita  rapida delle cellule cancerose  che non riconosce confini e non è sostenibile perché le cellule cancerose  muoiono quando muore l’organismo ospitante.  
              Similmente, la crescita economica quantitativa  illimitata su un pianeta finito non può essere sostenibile.  Al contrario, la crescita economica qualitativa  può essere sostenibile se comprende un equilibrio dinamico tra crescita,  declino e riciclo e se include anche lo sviluppo in termini di apprendimento e  maturazione. 
              La  distinzione tra crescita economica quantitativa e qualitativa illumina il  concetto ampiamente usato ma problematico di “sviluppo sostenibile”. Se il  termine “sviluppo” viene usato nel senso economico ristretto associato alla  nozione di crescita quantitativa illimitata, un tale sviluppo economico non può  mai essere sostenibile e il termine “sviluppo sostenibile” sarebbe un ossimoro.  Se il processo dello sviluppo viene compreso come più che un processo puramente  economico, includendo le dimensioni sociali ecologiche e spirituali e se è  associato alla crescita economica qualitativa, allora, un tale processo sistemico multi- dimensionale può veramente essere  sostenibile. Nelle aziende, nelle amministrazioni e nella società civile,  oggi molti usano il termine ‘sostenibilità’ per analizzare questi temi.  Esistono anche centinaia tra corsi e nuovi  programmi, e anche società di consulenza.  Resta, tuttavia, ancora molto lavoro da fare per  definire la ‘sostenibilità’ in tutti questi contesti. 
               
  La  Crescita  Economica  Qualitativa e la crisi globale  
  Ritorniamo adesso alla  sfida cruciale della nostra crisi economica ed ecologica: come  possiamo trasformare l’economia globale da un sistema che lotta per una  crescita quantitativa illimitata, che è indubbiamente insostenibile, a un altro  che sia ecologicamente sensato, senza generare stenti per l’umanità attraverso più  occupazione? 
              Il  concetto di crescita economica qualitative sarà uno strumento fondamentale in  questa impresa. Invece di valutare lo stato dell’economia in termini di grezza  misura del PIL, dobbiamo distinguere tra crescita  “buona” e crescita “cattiva” e poi potenziare la prima a spese della  seconda, in modo tale che le risorse naturali e umane legate a processi di  produzione insensati e dispendiosi possano essere liberate e riciclate per  essere usate nei processi efficienti e sostenibili. 
              Un  passo avanti in questa direzione è stata la Conferenza “Oltre il PIL”  svoltasi al Parlamento Europeo a novembre 2007 su iniziativa della Commissione  Europea insieme al WWF per la natura, l’OECD, l’EUROSTAT (Europe’s Statistical  Agency) e il Club di Roma. 
  Dal punto di vista ecologico, la  distinzione tra crescita “buona” e “cattiva” è ovvia.  
  La crescita “cattiva” è quella dei  processi produttivi e dei servizi che si basano sui combustibili fossili, che  emettono sostanze tossiche, impoveriscono le nostre risorse naturali e  degradano gli ecosistemi della Terra. 
  La crescita “buona” è quella dei processi di produzione e dei  servizi più efficienti che comportano energie rinnovabili, zero emissioni, il  riciclo continuo delle risorse naturali e il restauro degli ecosistemi della  Terra. Il cambiamento climatico e le altre manifestazioni della crisi  ambientale globale impongono di passare dai processi di produzione distruttivi  alle alternative “verdi” o al  “progetto ecologico”; la conseguenza sarà che queste alternative risolveranno anche la  crisi economica in modo socialmente giusto. 
              Politiche  sistemiche corrispondenti si trovano nella Iniziativa per l’Economia Verde  dell’ONU lanciata a dicembre 2008   a Ginevra dal UN Environmental Programme, dall’International Labor Organization, and the UN Development Program che è  stata un’idea di uno di noi. Altre iniziative  simili sono il Green New Deal in Inghilterra e il Global Marshall Plan per una  Economia Verde socialmente giusta, in Germania. Negli ultimi anni, c’è stata  una  crescita straordinaria di pratiche e di progetti che adesso sono ben  documentati. Questi comprendono:  
            
              
                
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                  una rinascita generale delle culture organiche;
                
 
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                   l’organizzazione di  differenti industrie in gruppi ecologici in cui i rifiuti di una qualunque  delle industrie è una risorsa per l’altra;
                
 
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                   lo spostamento da una  economia orientata al prodotto a un’economia di “servizi e flussi”, in cui materiali  grezzi e componenti  industriali  circolano continuamente tra produttori e fruitori; 
                
 
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                  edifici progettati per produrre più energia di quanta ne consumino,  che non producono rifiuti e monitorizzano la propria prestazione; automobili  elettriche ibride che raggiungono un’efficienza di oltre 50mpg e un notevole  aumento di energia eolica oltre le proiezioni più ottimistiche. Infatti con lo  sviluppo degli ibridi a ricarica e delle fattorie del vento, le automobili del  futuro useranno principalmente l’energia eolica
  
                Tutte  queste tecnologie del progetto ecologico e tutti i progetti  incorporano i principi fondamentali  dell’ecologia e perciò hanno in comune delle caratteristiche fondamentali: 
            
               
                - 
                  tendono ad essere progetti a piccola scala con abbondanza di  diversità;
                
 
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                  sono efficienti dal punto di vista energetico, non inquinanti e  finalizzati alla comunità;
                
 
                - 
                  e soprattutto tendono all’uso intensivo di mano d’opera attraverso  l’investimento nelle tecnologie verdi, creando un gran numero di posti di  lavoro.                
 
               
              Infatti,  il potenziale di occupazione locale che può crearsi investendo nelle tecnologie  verdi, nel restauro degli ecosistemi e nella ri-progettazione delle nostre  infrastrutture è enorme- come è stato riconosciuto dal trasformare queste idee  in realtà con l’American Recovery and Reinvestment Act del 2009. 
              Una  roadmap dettagliata per passare da una crescita quantitativa a una qualitativa  e poi trovare soluzioni alla crisi globale che siano ecologicamente sostenibili  e socialmente giuste, va oltre lo scopo di questo saggio. Alcuni passi che  sembrano critici, sono i seguenti:
               
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                  I modelli  di crescita qualitativa debbono essere formulati da gruppi  multi-disciplinari, che si confrontino nel mondo dell’economia, nel governo e  nei media. Di conseguenza, i nuovi insiemi più ampi di indicatori  socio/ambientali debbono essere adottati adesso. Questo richiederà la volontà  politica, la pressione pubblica e   l’educazione degli editori dei media e dei giornalisti.
                
 
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                   Il sistema fiscale deve essere ristrutturato, riducendo le tasse  sul lavoro e aumentandole sulle varie attività che distruggono l’ambiente, così  da “internalizzarle” e incorporarne i costi nei prezzi di mercato. Queste tasse  “verdi” sono state adottate in molti paesi. Dovrebbero comprendere la tassa sul  carbone e la tassa sulla benzina, che possono essere aggiustate gradualmente  mentre vengono compensate con riduzioni delle tasse relative al reddito e agli  stipendi. Spostare le tasse dal reddito e dagli stipendi agli sprechi, a tutto  l’inquinamento al carbone e alle risorse non rinnovabili, gradualmente spingerà  fuori dal mercato le tecnologie insensate e dannose e i corrispondenti modelli  di consumo.  Questo aumenterà il valore delle azioni investite nelle  industrie produttrici di alternative verdi. 
                
 
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                  Oltre allo spostamento delle tasse, le industrie e le aziende  debbono riesaminare i loro processi di  produzione per determinare quali siano quelli ecologicamente distruttivi  che perciò debbono essere modificati. Allo stesso tempo dovrebbero  diversificarsi nella direzione dei prodotti  e di servizi verdi. Poiché sono stati  adottati nuovi protocolli  per la contabilità che tengono conto dei fattori sociali, ambientali e di  governance (ESG), le aziende, grazie ai loro investitori, si stanno orientando  verso prodotti, servizi e pratiche più sostenibili, comprese quelle relative  all’l’istituzione di fondi per i mutui socialmente responsabili, ai sindacati, ai  gruppi civici e agli investitori privati. […]
                
 
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                  Tutte queste riforme coinvolgeranno cambiamenti di percezione, come  la smaterializzazione delle nostre economie produttive (dal prodotto al  servizio). Per esempio, un’industria automobilistica dovrebbe rendersi conto  che il suo business non è necessariamente vendere le macchine, ma piuttosto provvedere  alla  mobilità che si può anche ottenere,  tra l’altro, nel produrre più autobus e treni e riprogettando le nostre città.  Così gli stati e specialmente gli Stati Uniti dovrebbero rendersi conto che  combattere il cambiamento climatico è il più importante e urgente argomento  della sicurezza. L’Amministrazione Obama dovrebbe ridurre di conseguenza il  budget del Pentagono e incrementare i fondi per la diplomazia e la costruzione  di una nuova economia “verde”. 
                
 
                - 
                 A livello individuale, un  corrispondente cambiamento di percezione si sposterà dalla ricerca della  soddisfazione nel consumo materiale alla ricerca della medesima nelle relazioni  umane e nella costruzione della comunità. Tali cambiamenti di valore vengono  oggi promossi da molti gruppi civici come anche da molte serie televisive come  “ Ethical Markets”. Una proposta per tagliare i crediti d’imposta alle società che  fanno pubblicità all’estero, ha come obiettivo la riduzione della pubblicità in  modo discreto senza mettere in pericolo i diritti di libertà di parola.
                
 
               
                La crescita qualitativa oltre l’economia
              La sfida del  cambiamento da una crescita economica quantitativa ad una qualitativa, creerà  nuove industrie mentre ridurrà la dimensione di altre secondo criteri ecologici  e sociali. Con l’applicazione dei prezzi pieni, i costi del ciclo di vita,  insieme a quelli sociali e ambientali e all’auditing etico, che stanno diventando  la norma, si può vedere quali processi produttivi dovrebbero essere potenziati  e quali, dovrebbero essere gradualmente eliminati. Qualunque impegno serio in  questo ambito, renderà evidente che  i  maggiori problemi del nostro tempo- l’energia, l’ambiente, il cambiamento  climatico, la sicurezza del cibo e la sicurezza finanziaria- non possono essere  compresi separatamente. Sono problemi sistemici, il che significa che sono  tutti interconnessi e interdipendenti.
              Per  ricordare alcune di queste interdipendenze, la pressione demografica e la  povertà formano un circolo vizioso che, esacerbato dalle tecnologie ad uso  intensivo di capitale, porta all’impoverimento delle risorse- meno posti di  lavoro, livelli del mare in aumento, riduzione delle foreste, collasso della  pesca, erosione dei suoli, povertà sempre maggiore e via dicendo. La difettosa  economia basata sulla crescita del PIL, peggiora il cambiamento climatico e  aggrava sia l’impoverimento delle risorse che la povertà, portando perfino al  fallimento degli stati i cui governi non possono più dare sicurezza ai propri  cittadini, alcuni dei quali, nella disperazione, diventano terroristi. 
              La  fondamentale interconnessione dei nostri maggiori problemi mette in chiaro che  abbiamo bisogno di andare oltre  l’economia  per superare la crisi  economica.  D’altra parte,la scienza  sistemica rende possibile trovare  soluzioni  sistemiche- soluzioni che risolvono alcuni problemi in una sola volta.  
              Per  esempio, il cambiamento da una agricoltura chimica, industriale, alla grande  scala ad una agricoltura organica, finalizzata alla comunità, contribuirebbe in  modo significativo alla soluzione di tre dei nostri problemi più grandi: la  dipendenza energetica, il cambiamento climatico e la crisi dell’assistenza  medica.  
              Numerose  soluzioni sistemiche di questo genere sono state sviluppate recentemente e  sperimentate in tutto il mondo. E sono la prova   del fatto che il cambiamento dalla crescita quantitativa a quella  qualitativa, usando tutti gli indicatori della qualità della vita e del  benessere, può guidare le nazioni nel passaggio  dalla distruzione ambientale alla sostenibilità ecologica, dalla  disoccupazione, povertà e spreco alla creazione di un lavoro significante e  dignitoso. Questa transizione globale alla sostenibilità non è più un  problema concettuale né tecnico.  E’ un  problema di valori e di volontà politica. 
testo originale 
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